Per i tre esponenti del Prc lucano “c’è la necessità di dare vita ad un'alternativa la quale non può essere rappresentata da risposte nate e maturate all'interno di segreterie di partito, scollegate persino dal partito stesso locale e nazionale. Non è un caso che il CPN (Comitato Politico Nazionale) la scorsa settimana ha votato un ordine del giorno in cui si chiarisce che Rifondazione sarà presente con sue liste autonome (niente biciclette o tricicli) in tutti i comuni sopra i 15 mila abitanti e alle provinciali. Per questo nonostante la segreteria regionale ci collochiamo all’opposizione delle scelte della giunta qualunque essa sia di De Filippo. Per questo continueremo a lavorare perché l’opposizione sociale in questa regione sia in grado di rappresentare sé stessa. Per questo sosteniamo con forza la decisione del CPN del PRC e saremo presenti alle prossime elezioni con liste autonome di rifondazione aperte ovviamente a quanti si battono per una alternativa di società. Non crediamo sia all’ordine del giorno un nuovo centrosinistra, perché non arrivano dal PD segnali di autocritica sulle politiche che fin qui sono state costruite, tutt’altro. Per questo lavoriamo ad aprire un dibattito vero che ricollochi il partito fuori da questo miracolo antisociale che è stato il modello lucano”.
martedì 23 dicembre 2008
Tre mozioni del PRC contro la finanziaria regionale
Per i tre esponenti del Prc lucano “c’è la necessità di dare vita ad un'alternativa la quale non può essere rappresentata da risposte nate e maturate all'interno di segreterie di partito, scollegate persino dal partito stesso locale e nazionale. Non è un caso che il CPN (Comitato Politico Nazionale) la scorsa settimana ha votato un ordine del giorno in cui si chiarisce che Rifondazione sarà presente con sue liste autonome (niente biciclette o tricicli) in tutti i comuni sopra i 15 mila abitanti e alle provinciali. Per questo nonostante la segreteria regionale ci collochiamo all’opposizione delle scelte della giunta qualunque essa sia di De Filippo. Per questo continueremo a lavorare perché l’opposizione sociale in questa regione sia in grado di rappresentare sé stessa. Per questo sosteniamo con forza la decisione del CPN del PRC e saremo presenti alle prossime elezioni con liste autonome di rifondazione aperte ovviamente a quanti si battono per una alternativa di società. Non crediamo sia all’ordine del giorno un nuovo centrosinistra, perché non arrivano dal PD segnali di autocritica sulle politiche che fin qui sono state costruite, tutt’altro. Per questo lavoriamo ad aprire un dibattito vero che ricollochi il partito fuori da questo miracolo antisociale che è stato il modello lucano”.
alle 23:22 0 commenti
venerdì 19 dicembre 2008
Inchieste giudiziarie: documento segreteria regionale PRC su questione morale
“ E’ FINITO UN CICLO POLITICO, SERVE DISCONTINUITA “
mercoledì 17 dicembre 2008
Basilicata, inchieste dimostrano fallimento classe politica. PRC da sempre in prima linea nelle denunce.
Paolo Ferrero
Segretario Nazionale PRC
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Tolleranza Zero contro i mariuoli in Politica
Ottavio Frammartino
Segretario prov. PRC Matera
Tangenti e oro nero. Arresti in Lucania - Liberazione 17/12/2008
alle 14:26 0 commenti
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martedì 16 dicembre 2008
Maria Campese - Segreteria Nazionale PRC - Territorio martoriato
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Perquisizione a casa del Presidente della Provincia di Matera, Carmine Nigro
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Arrestato AD della Total - Arresti domiciliari per Margiotta (PD)
alle 18:50 0 commenti
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venerdì 12 dicembre 2008
Appello di Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista
alle 13:21 0 commenti
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lunedì 1 dicembre 2008
Amministrazione Provinciale: tra affarismo e clientela
giovedì 27 novembre 2008
Una proposta alternativa per uscire a sinistra dalla crisi
Abbiamo avviato già da domenica la campagna davanti ai luoghi di lavoro, in preparazione dello sciopero generale del 12 dicembre. Un calendario di iniziative organizzate in pochissimi giorni, a cui molte altre si stanno aggiungendo. Volantinaggi, ma anche incontri e assemblee con le lavoratrici e i lavoratori, dibattiti. Davanti alle fabbriche, ai luoghi della produzione industriale, ma anche nei servizi, dai trasporti alle grandi aziende del commercio, al lavoro pubblico. La volontà è quella di un percorso non episodico, che ricostruisca reti di relazioni e presenza organizzata. Un percorso che si intreccia con l'inchiesta, a partire da quella che svilupperemo nei prossimi giorni sui primi effetti della crisi: sul terreno della materialità dei processi ma anche del vissuto e della soggettività di lavoratrici e lavoratori.
Non è un optional lo sviluppo di questo percorso. Non lo è rispetto all'obiettivo decisivo della riuscita dello sciopero generale, non lo è rispetto al contesto in cui ci muoveremo nei prossimi mesi. La crisi determina uno scenario pesantissimo. Con la cassa integrazione che si moltiplica e con il problema, per chi vi accede, di come riuscire ad arrivare alla fine del mese con il salario decurtato, se già non ci si arrivava prima. Con il problema drammatico dei precari. Quattro milioni di persone prive di ogni garanzia, seicentomila già a rischio per il sommarsi della crisi economica nell'industria con i provvedimenti del governo sul lavoro pubblico. Con il dramma aggiuntivo dei lavoratori migranti, che per una legge razzista e incivile rischiano di perdere con il lavoro, il permesso di soggiorno: espulsi o ricacciati nell'irregolarità, magari dopo anni di lavoro in questo paese.
La ricetta della Lega per gestire la crisi è tanto semplice quanto barbara: trasformare l'ansia in un salto di qualità nella produzione di capri espiatori, di conflitto orizzontale, di ferocia sociale. La chance di contrastare la regressione possibile sta nella messa in campo di un'iniziativa a tutto tondo: di denuncia, di piattaforma, di conflitto, che ricostruisca nella crisi una connessione, che consenta di individuare nuovamente a sinistra la possibile via d'uscita. Non è un esito scontato, se è vero come è vero che non solo siamo nell'onda lunga di una sconfitta trentennale, ma che la sinistra ha consumato nell'attraversamento recente della fase di governo la propria credibilità. E' un percorso che richiede idee, proposte, modificazioni delle modalità dell'agire politico, come dimostra il successo dei gruppi di acquisto popolare, la pratica di forme di mutualismo che rispondano alla disgregazione ricostruendo anche per questa via la possibilità di riconoscersi come parte di un'agire collettivo.
Saremo dunque nelle prossime settimane davanti ai luoghi di lavoro, con la volontà di avviare un percorso lungo, dentro le contraddizioni esistenti.
Diremo che la crisi non è piovuta dal cielo, ma è la conseguenza di trent'anni di politiche neoliberiste, in cui la deregolamentazione selvaggia della finanza è stata l'altra faccia della medaglia di un mondo di bassi salari, di una gigantesca redistribuzione della ricchezza prodotta a favore di profitti e rendite, in cui il consumo è stato garantito dal crescente indebitamento dei lavoratori, mentre nei paradisi fiscali si concentra un quarto della ricchezza mondiale prodotta ogni anno. Diremo che ci vuole un aumento significativo di salari e pensioni e un salario sociale per rispondere alla crisi con uno strumento generale di garanzia rispetto alle mille frammentazioni delle tipologie di lavoro, alle tante facce della precarietà e che le risorse vanno prese dalla rendita, dall'evasione fiscale e contributiva, dalla tassazione dei movimenti speculativi di capitali.
Diremo che il ritrarsi del pubblico, privatizzazioni e liberalizzazioni, invece dei benifici annunciati dalla propaganda liberista, non sono stato altro che il modo per promuovere un gigantesco processo di spoliazione, sfruttamento e messa a valore della natura oltre che del lavoro, all'origine di una crisi ambientale, energetica e climatica, che richiede un cambiamento radicale dei modelli di sviluppo. Per sottrarre spazi alla logica di mercato, alla valorizzazione del capitale come meccanismo sovradeterminante dei processi di riproduzione sociale e riconsegnarli alla scelta democratica, alla sovranità collettiva sul proprio futuro.
La elaborazione di una piattaforma all'altezza della crisi della globalizzazione capitalistica, deve accompagnarsi alla capacità di costruire un senso comune di massa su a chi imputare la responsabilità della situazione presente, opposta all'operazione reazionaria delle destre, generalizzando la consapevolezza espressa dal movimento degli studenti.
La politica del Governo Berlusconi e di Confindustria, ha fin qui determinato una manovra pesantissima di tagli e ristrutturazione del sistema di welfare, dalla sanità agli enti locali, intrecciata all'attacco ai diritti del lavoro. Un attacco che dalla legge 133 alla controriforma del processo del lavoro, agli annunci sul diritto di sciopero, ha avuto e ha al suo centro la riscrittura del sistema della contrattazione, la volontà di frammentare e impoverire ulteriormente i lavoratori, cancellare l'autonomia del sindacato, riscriverne il ruolo: "complice" delle imprese nella gestione dei rapporti di lavoro e di interi pezzi di uno stato sociale da cui la presenza pubblica si ritrae ulteriormente. Ora a fronte della crisi, la sua ricetta è quella di destinare risorse pubbliche al sistema bancario lasciando invariati assetti proprietari e modalità di funzionamento, puntare sulle grandi opere, destinando pochissimo alle fasce sociali più disagiate.
Lo sciopero generale del 12 indetto dalla Cgil e dai sindacati di base, deve rappresentare per noi e per l'intera sinistra il modo per far vivere nel dibattito pubblico e a livello di massa una proposta radicalmente alternativa a quelle politiche, per costruire una uscita da sinistra alla crisi di un intero modello di sviluppo.
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venerdì 14 novembre 2008
Assemblea nazionale della quarta mozione
Con gli studenti e i lavoratori per la svolta a sinistra!
Roma, 6 - 7 dicembre 2008
Sabato 6 dicembre
12.00 Apertura accoglienza
13.30-19.00 Incontro nazionale dell'area
La nostra battaglia per la svolta a sinistra
Introduce Alessandro Giardiello (direzione nazionale Prc)
Domenica 7 dicembre
9.30 - 14.30 Dibattito pubblico
Crisi conflitto e prospettive per la rifondazione
Introduce Claudio Bellotti (segreteria nazionale Prc)
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L'incontro si terrà presso la Federazione romana del Prc
Via Squarcialupo 58 (a 5 minuti dalla Stazione Tiburtina)
tel 0266107298 - 3398874632
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mercoledì 12 novembre 2008
Hai investito il tuo Tfr? Ecco alcune notizie interessanti
tratto da www.precaria.org
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martedì 11 novembre 2008
Prc, Titti De Simone è il nuovo segretario regionale. I ferreriani non votano e annunciano ricorso
Che dentro Rifondazione Comunista, lacerata tra anime e mozioni in tutto il Paese, ci sia una spaccatura è chiaro. Solo che nella celebrazione del congresso regionale, ieri a Potenza, diventa anche evidente. Nel senso letterale del termine. Ieri, il Prc lucano ha eletto il suo nuovo segretario: Titti De Simone, capolista dell’Arcobaleno alla Camera alle scorse politiche in Basilicata, succede a Michele Saponaro. Ma non è festa, né compromesso. La minoranza, che in Basilicata fa capo alla mozione dell’attuale segretario nazionale, Paolo Ferrero, con poco meno del 30 per cento, promette ricorso alla commissione nazionale di garanzia. Il comitato politico (la composizione rispecchia le percentuali delle mozioni con quella del governatore pugliese Nichi Vendola a poco più del 60 per cento) è stato eletto senza alcun voto contrario, ma con una successiva eccezione. Angela Lombardi, ex deputato, dirigente nazionale, anima ferreriana, spiega che De Simone è già componente del comitato pugliese. «Un’anomalia». Serve a poco la spiegazione di Patrizia Sentinelli, della direzione nazionale: «la tessera, Titti, ce l’ha nella federazione di Matera. Dal comitato pugliese decadrà automaticamente». Il resto è tempo di frizioni e litigi. Forma e sostanza. Il dibattito politico di poche ore prima, sul bisogno di una Rifondazione più forte - modalità diverse, ma sempre sinistra dal basso - sembra cosa vecchia. Il congresso si chiude che ancora non è tardi, con il comitato politico appena eletto chiamato a votare la candidatura di area Vendola (21 favorevoli, 2 contrari). Buona parte dei ferreriani semplicemente non vota, «perché questo è un commissariamento mascherato. Se una maggioranza non è in grado di esprimere un candidato locale qualcosa non va». Non hanno avanzato candidature, «ma avremmo gradito un percorso condiviso. Così non è stato. Allora è chiaro che ti attacchi anche alla forma». La maggioranza controaccusa di scorrettezza e “spirito divisionista”. Il voto consegna la segreteria alla «compagna Titti». Che già aveva fatto “notizia” per una candidatura “alternativa” nella Basilicata tradizionale e forse un po’ tradizionalista, lei che è stata fondatrice di Arcilesbica, leader del mondo Lgbt (lesbico-gay-bisessuale- queer). La mattina era trascorsa tra gli interventi “esterni”, sindacato e politica. C’era pure il rettore dell’Unibas che - mai negato di essere di sinistra - ne approfitta per tornare su “scuola e movimento”. Contesta chi, tra i presenti, fa mea culpa per i baroni rossi: «Io rosso sì, barone no». Mentre Rifondazione appare piuttosto il risultato di un «paradosso di Zenone». Ovvero, all’approdo si rischia di non arrivare mai. Il segretario del Pd, Piero Lacorazza richiama la frattura democratica con 15 milioni di italiani non rappresentati in parlamento, mentre Giovanni Soave (Pdci) invita alla costituente comunista. Così, Tonino Califano (Sd) ammette che «non è il caso di tirare per la giacchetta un partito che ha bisogno dei suoi tempi e che non coincidono con le scadenze elettorali ». Sarà, ma è questo uno dei “nodi”: simbolo e basta, o sinistra allargata, o mai più con il Pd. Tra chi attende «le case della sinistra» e chi avanza «azioni concrete dal basso per attaccare il liberismo». Tra chi «mi autosospendo mantenendo la tessera fino alla ritrovata unità», come Gennaro Mastro, assessore a Venosa. E chi «mi sento comunista, oltre il simbolo». Se Ottavio Frammartino, segretario nel materano, chiede che si cominci «dai bisogni reali della regione», c’è chi riconosce «un partito arroccato, ciascuno in attesa - dice Mira De Lucia, Giovani comunisti - di un “io l’avevo detto”». Era stato Saponaro a richiamare il “vento” nuovo, «movimento studentesco e del lavoro, l’elezione di Obama. Questo non vuol dire attendersi una soluzione improvvisa». Come a dire, «il viaggio è cominciato, ora l’approdo dipende da noi». Poi gli interventi, lo scontro, le parole. Sempre declinate sulla forza di Rifondazione. Da rinnovare, e sempre dal basso. Temi ricorrenti e spesso rincorsi. Solo che Achille - diceva Zenone - non raggiunge mai la tartaruga partita poco prima. Anche se è più veloce. Ecco la forza (il rischio) di un paradosso.
alle 07:16 0 commenti
lunedì 3 novembre 2008
Perchè ci diciamo comunisti - Paolo Ferrero
Per quanto mi riguarda io la penso così:
Il concetto di comunismo ha una storia che travalica le vicende del secolo breve. Non voglio qui affrontarlo. Mi pare invece utile sottolineare come in Italia il gruppo dirigente comunista alle origini si è formato nella vicenda dell'occupazione delle fabbriche e valorizzando la costruzione dei consigli di fabbrica. Nel corso della guerra ha saputo dar vita ad un movimento di resistenza antifascista unitario e democratico che ha contribuito a liberare l'Italia e a dare al nostro paese un assetto democratico strutturato attorno ad una carta costituzionale assai avanzata. Successivamente i comunisti hanno variamente lottato e con una certa efficacia contro lo sfruttamento e per la giustizia sociale. Un terzo degli elettori italiani è arrivato a dare fiducia ad un partito che si chiamava comunista e che poneva la questione morale come punto non secondario della riforma della politica. Rifondazione comunista nel suo piccolo è stata presente nei vari conflitti che hanno percorso il paese ed è stata in grado di collocarsi positivamente nella grande stagione nel movimento no global.
Il tutto cercando di intrecciare le lotte per i diritti sociali con quelle per i diritti civili, lotte operaie e lotte ambientali, lotte per la redistribuzione del reddito con le lotte contro la mercificazione delle persone, dell'ambiente, delle relazioni sociali. In altri temini la parola comunismo in Italia è legata alle battaglie per la giustizia e la libertà. Dopo l'era craxiana non mi pare si possa dire lo stesso per la parola socialismo.
La parola sinistra ha storicamente un significato positivo nel nostro paese. Ha a mio parere un difetto e cioè che si tratta di una coperta che copre molte cose. Ad esempio all'interno del partito democratico vi sono persone e posizioni che si definiscono di sinistra che sono però anche variamente confindustriali e per nulla anticapitaliste. La parola sinistra cioè da sola non definisce una posizione chiara dal punto di vista della divisione di classe della società né dal punto di vista della volontà di superare il capitalismo; tant'è che negli anni scorsi abbiamo giustamente detto che esistevano due sinistre, quella moderata e quella radicale o alternativa o antagonista.
Da questo punto di vista il definirsi di sinistra e comunisti mi pare rappresenti un modo chiaro per dire da che parte si sta. Siamo di sinistra ma siamo anche comunisti, cioè lottiamo contro lo sfruttamento, quando serve anche contro il Vaticano e ci battiamo per il superamento del capitalismo. Dirsi comunisti è quindi una risorsa per qualificare il nostro essere di sinistra. Porre il tema del comunismo significa porre il nodo della rivoluzione, del cambiamento radicale dello stato di cose presenti. Tant'è che quando taluni esponenti del centrosinistra affermano di non voler mai più fare accordi con liste che contengano la falce e il martello lo dicono non certo per la nostra storia ma perché siamo concretamente, politicamente, qui ed ora, anticapitalisti.
Questo per quanto riguarda l'Italia. I comunisti però, in particolare quando hanno preso il potere, hanno anche fatto grandi disastri. Lo stalinismo ha contraddetto radicalmente le aspirazioni di giustizia e libertà del movimento comunista. Per questo ci siamo chiamati Rifondazione Comunista. Non solo il nome di un partito ma un progetto politico: rifondare il comunismo avendo fatto fino in fondo i conti con lo stalimismo. Riconosciamo che la storia dei comunisti e delle comuniste è la nostra storia, ne abbiamo analizzato gli errori e gli orrori al fine di non ripeterli. Rifondazione e Comunista sono quindi due termini che si qualificano a vicenda, ci parlano della persistenza ma anche della discontinuità, ci parlano della contraddittorietà del nostro tentativo di andare oltre il capitalismo nel nostro essere fino in fondo uomini e donne di questo tempo.
La rifondazione del comunismo è quindi il progetto politico che abbiamo scelto quando Achille Occhetto ha sentenziato che il comunismo era solo un cumulo di macerie. Nulla vieta che altri oggi la pensino come Occhetto ma a me francamente pare che i guai che abbiamo avuto negli anni scorsi non siano derivati dal nostro nome ma piuttosto dai nostri errori politici, in primo luogo la scelta di andare al governo.
Io penso quindi che oggi sia più necessario di ieri dirsi comunisti, di Rifondazione comunista. E' il nome che meglio di qualunque altro definisce qui ed ora il nostro anticapitalismo e la nostra autonomia da un ceto politico che si definisce di sinistra ma con le cui prospettive politiche abbiamo poco a che spartire.
E' evidente che si potrebbe continuare ad argomentare a lungo ma voglio utilizzare lo spazio che mi resta per sollevare un paio di quesiti.
In primo luogo è evidente che la discussione dovrebbe cominciare da qui, cioè dalla rifondazione comunista. Si tratterebbe di aprire una discussione non a negativo ma a positivo. Si tratterebbe di ragionare su come rendere al meglio oggi la prospettiva comunista. Di come la nostra azione non si possa situare solo al livello politico della rappresentanza. Di come si ridefinisca la politica comunista in relazione ai movimenti, alle mille vertenzialità, alle forme di mutualismo. Di come si intreccino oggi i diversi conflitti e come possono interagire in una prospettiva di superamento del capitalismo.
Di come si possa affrontare la crisi capitalistica proponendo il tema del controllo sociale dell'economia ed evitando la guerra tra i poveri. Di come si intrecci la lotta per il salario con quella per il reddito sociale con la lotta contro la mercificazione di ogni ambito sociale, e così via. Il dibattito di cui avremo bisogno non riguarda la ripetizione dell'occhettismo ma l'approfondimento della prospettiva della rifondazione comunista. Purtroppo però Liberazione non si cimenta sul terreno della rifondazione comunista ma su quello del suo superamento.
In secondo luogo è bizzarro che il giornale del Partito della rifondazione comunista metta in prima pagina il dibattito sul superamento del comunismo e a pagina 19 gli articoli in cui alcuni dirigenti del partito avanzano proposte politiche e cercano di far avanzare il progetto di rifondazione comunista.
In altre parole, la vera novità non mi pare il dibattito sul comunismo, ma il fatto che oggi Liberazione , il giornale del Prc, sia il soggetto che con maggiore costanza e determinazione chiede il superamento del Prc e del suo progetto politico. Devo dire che questa novità non mi pare molto utile.
alle 13:28 0 commenti
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venerdì 31 ottobre 2008
In Valbasento Panasonic arenata sugli incentivi all’esodo
Panasonic non torna indietro. Chiusura confermata. Ma ancora nessun accordo sulle modalità di cessazione dell'attività. La trattativa si è arenata sull'importo dell'incentivo all'esodo: 15 mila euro la cifra proposta dal mangement aziendale, almeno il triplo la richiesta della controparte. I rappresentanti di Filcem Cigl, Femca Cisl e Uilcem Uil, come nel precedente incontro, hanno lasciato il tavolo senza sottoscrivere alcun accordo. Ogni decisione è stata rinviata al prossimo 5 novembre, prima cioè del passaggio in Regione fissato per il giorno successivo. Tesissimo il clima al tavolo e tra i lavoratori che hanno atteso l'esito della trattativa fuori. Sotto la sede della Confindustria di Matera, immediata è esplosa la rabbia dei circa novanta dipendenti della multinazionale giapponese che avrebbero voluto si mettesse già oggi tutto nero su bianco. Slogan contro la proprietà sono stati urlati a squarciagola per ore, impedendo di fatto al management aziendale di lasciare la sede di Confindustria. Eppure il confronto, questa volta, sembrava essere partito con il piede giusto. Ribadito che, purtroppo, non ci sono soluzioni alternative alla chiusura dello stabilimento di Pisticci scalo, dove si producono laminati per circuiti elettronici, l'azienda si è detta disponibile a riconoscere 75 giorni di retribuzione piena e, subito dopo, un periodo di cassa integrazione straordinaria di un anno, a cui, prima che scatti la mobilità, non è escluso se ne possa aggiungere un altro una volta allargato il confronto anche alla Regione. Un passo avanti rispetto a una settimana fa quando il colosso dell'elettronica non aveva lasciato alcuno spiraglio di trattativa, limitandosi ad annunciare il licenziamento immediato di tutto il personale in organico. Poi lo scoglio dell'incentivo all'esodo ha fatto impantanare la trattativa, senza che nemmeno si facesse in tempo ad aprire il capitolo del doppio binario per gli ultra cinquantenni. Sta di fatto che, comunque la si voglia leggere, si tratta di una sconfitta, l'ennesima, per l'area industriale che con l'abbandono di Panasonic perde un altro pezzo importante.
Colgo l’occasione a nome mio, del Partito della Rifondazione Comunista di Miglionico e della Provincia di Matera per esprimere la vicinanza ai lavoratori della Panasonic di Pisticci Scalo, che stanno vivendo momenti difficili. Riteniamo grave la decisione della Panasonic di voler chiudere lo stabilimento di Pisticci Scalo, un impianto attivo da pochi anni dove lavorano una novantina di persone, la maggior parte ragazzi che hanno sulle spalle 30 anni di mutuo. Io ho lavorato tre anni alla Panasonic e conosco tutti quei ragazzi che ora stanno lottando contro la chiusura dell’azienda e spero che riescano a raggiungere gli obbiettivi prefissati. Colgo l’occasione per fare un appello a tutti i politici lucani, soprattutto a quelli che governano questa Regione. È arrivato il momento di dire basta a questa politica industriale dell’elemosina verso le multinazionali che vengono qui solo a “mangiarsi” i contributi. La Panasonic e l’ennesima azienda che chiude i battenti e se ne va. Non dimentichiamoci di Nylstar, CFP e Pregis, solo per nominare le ultime aziende chiuse negli ultimi 3 anni, prima ancora
Antonio Centonze
operaio Valbasento
alle 21:21 0 commenti
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Gli 80 anni di Giuseppe Pace militante appassionato e convinto
Noi del Partito della Rifondazione Comunista circolo "E. Berlinguer" di Miglionico inviamo i nostri più calorosi auguri a Peppino Pace, uomo della sinistra lucana e figura importante per noi comunisti di Miglionico.
alle 21:13 0 commenti
mercoledì 29 ottobre 2008
Decreto Gelmini. Ottavio Frammartino (PRC): il Referendum è l'unica strada
Non si garantisce così il diritto allo studio: prima si decide e poi, travolti dalle proteste, s’abbozza una farsa di dialogo. Il bene della scuola (ma anche del Paese) richiede che questo decreto venga abrogato. L’ostinazione dimostrata in questo caso – dice ancora Frammartino - è quella di una visione autoritaria della gestione del paese. Né si potrà pensare di ricorrere a vie autoritarie o a forze di polizia. Un Paese che guarda al futuro investe nella scuola e nella formazione, razionalizzando la spesa, eliminando sprechi, privilegi e "baronìe", nonché le "allegre e disinvolte gestioni". Adesso la parola deve passare ai cittadini, noi un paio di settimana fa con il gruppo regionale Prc aveva prospettato la possibilità della via referendaria, chiedendo al presidente De Filippo di prendere l’iniziativa con le altre Regioni affinché almeno 5 Regioni così come prevede la legge, votino in consiglio regionale la richiesta referendaria per abolire la Gelmini”.
lunedì 27 ottobre 2008
Lo dice anche l'arcivescovo di Monaco, il comunismo è attuale e necessario
alle 10:09 0 commenti
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martedì 21 ottobre 2008
Sabato 25 giornata di mobilitazione contro il carovita promossa da Rifondazione Comunista con presidi e volantinaggi in 100 piazze italiane.
Riguardo alle polemiche suscitate da questa iniziativa non capisco perché il governo dovrebbe uscire rafforzato dal fatto che i compagni e le compagne di Rifondazione Comunista, il 25 ottobre, invece di starsene a casa come farà Gennaro Migliore, saranno nelle piazze italiane a protestare contro il carovita, distribuendo volantini, raccogliendo firme e – in alcune città – distribuendo il pane ad un euro al chilo.
Il 25 ottobre a Roma ci sarà una manifestazione di popolo organizzata dal Partito Democratico a cui parteciperà l’Italia dei Valori; sarà cioè una manifestazione dell’opposizione parlamentare al governo Berlusconi. Faccio i miei auguri affinché sia una grande manifestazione di popolo. Non dimentico però che questa manifestazione è convocata contro il governo ma nulla dice riguardo al vero ispiratore delle politiche del governo e cioè la Confindustria. Per questo in altre piazza ci sarà Rifondazione Comunista, che ritiene necessario costruire una opposizione contro il governo ma anche contro i padroni e – quando serve – contro le politiche vaticane. Per costruire questa opposizione di sinistra, che non litiga con il governo il sabato per accordarsi con Confindustria il lunedì, saremo presenti tra la gente sabato 25, come lo siamo stati con le grandi manifestazioni nazionali del 10 e del 17 ottobre, organizzate dalla sinistra e dal sindacalismo di base. Di spazi per l’opposizione, purtroppo, in questo Paese ce n’è anche troppi.
alle 18:47 0 commenti
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