1074 VOLTE GRAZIE MIGLIONICO

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sabato 19 aprile 2008

Dalla sconfitta al riscatto

Dal sito www.marxismo.net

Due sono i punti da mettere al centro: la vittoria netta delle destre, contro tutte le ipotesi di “rimonta” e di “pareggio” e la scomparsa della sinistra dal parlamento. Le elezioni sono un indicatore fra altri, non l’unico e non necessariamente quello decisivo, della situazione politica. Tuttavia dei risultati così netti dicono molto sui processi avvenuti in questi anni. La nettezza della vittoria di Berlusconi si accompagna a una radicalizzazione a destra che si esprime nel voto alla Lega e alla Destra di Storace. In questo risultato sicuramente la parte del leone l’hanno fatta i due anni di governo Prodi e il rapido deteriorarsi delle condizioni sociali, di vita e di lavoro di milioni di persone. Tuttavia non possiamo nasconderci che in questo voto si manifestano anche processi di più lungo periodo. La crescita del voto operaio alla Lega, che torna a mietere consensi anche in zone come l’Emilia Romagna, unito a una crescita dell’astensionismo in molte zone operaie, è un segnale che deve far riflettere, così come il successo dell’Italia dei valori, che rappresenta l’anima più demagogica e reazionaria dell’alleanza guidata da Veltroni. Non è solo voto di protesta, è anche il frutto di un lungo lavoro di “semina”compiuto dalla Lega, spesso in collaborazione competititva con i neofascisti di Forza Nuova. Per anni il veleno razzista è stato disseminato nella società senza trovare una risposta forte e convincente da parte della sinistra e con l’accondiscendenza delle forze che poi hanno costituito il Pd. Più volte, assieme ad altri, ci siamo trovati a lanciare allarmi in questo senso dopo aver dovuto fronteggiare sul campo, in condizioni di estrema difficoltà, le campagne razziste come nei casi di Sassuolo, Opera, Pavia e tanti altri. Oggi vediamo il risultato. Se la destra razzista che frequenta quotidianamente i quartieri periferici mentre la sinistra lancia appelli alla fraternità dai salottini di Via Veneto, come stupirsi di questi numeri? La classe operaia, si dice, ha abbandonato la sinistra. Sì, almeno in larga parte. Ma solo perché prima la sinistra ha drammaticamente abbandonato la classe operaia a se stessa. Un ulteriore elemento da segnalare è il voto alla Destra, che si segnala per la sua forte componente giovanile. Paragonando il voto di Camera e Senato, emerge chiaramente come fra i giovani al di sotto dei 25 anni il partito di Storace raccolga ben 200mila voti in più, per un totale di 885mila (2,4%); è il partito che in proporzione al proprio elettorato ha il maggior voto giovanile. Su queste basi e con un contesto economico in rapido peggioramento, la rotta del governo è già tracciata. Berlusconi parla chiaramente di “misure impopolari” e i padroni si preparano a incassare.Commentando l’esito elettorale, Montezemolo ha espresso la sua soddisfazione per la “maggioranza chiara e netta che permette una piena governabilità” per approvare le “riforme necessarie e ineludibili”. Ha inoltre salutato con sincero entusiasmo “la netta sconfitta delle forze politiche portatrici di una cultura anti-impresa, anti-mercato e anti-sviluppo”. Emma Marcegaglia, neo presidente di Confindustria, chiede “segnali immediati” per le imprese. Non è difficile immaginare cosa intendano, il “decalogo” stilato da Confindustria durante la campagna elettorale è una nuova dichiarazione di guerra ai lavoratori e allo Stato sociale e in cima alla lista ci sarà la demolizione del contratto nazionale di lavoro. Su questo punto i padroni passeranno immediatamente all’offensiva e Montezemolo ha già dichiarato che “gli accordi si fanno con chi ci sta”. Il messaggio per la Cgil è chiaro: o vi piegate, o vi emargineremo. Non abbiamo dubbi su quale sarà la scelta di Epifani, l’apparato della Cgil non è certo disposto a chiamare le masse in piazza come fece nel 2002-2003 per l’articolo 18. Piuttosto è da attendersi un nuovo giro di vite interno contro la Fiom e le opposizioni di sinistra. Il “rischio terrorismo” viene già sbandierato dagli editorialisti della grande stampa come il prossimo nemico. In assenza di riferimenti parlamentari, temono, le proteste di piazza potrebbero degenerare nella violenza! Prepariamoci, quindi, a nuove campagne d’odio contro tutti coloro che oseranno levare la voce contro gli inevitabili cedimenti di Epifani e compagnia. Con una destra saldamente al governo e con un Pd a fare un “opposizione” che su molti temi potrebbe avere posizioni persino più liberiste e filopadronali di Tremonti, con una burocrazia sindacale in ginocchio e una sinistra a pezzi, è fin troppo facile capire che sui lavoratori si scaricherà una pressione pesantissima. Dobbiamo esserne coscienti, si preparano tempi molto duri. La possibililtà di esplosioni della lotta di classe sono implicite, ma dobbiamo sapere che la ripresa delle mobilitazioni si dovrà fare strada in una situazione politica e sociale assai difficile. Sarà una dura scuola. La sconfitta dell’Arcobaleno produrrà una severa selezione a tutti i livelli. Non parliamo qui di quei dirigenti dei Verdi e di Sinistra democratica che già si preparano a veleggiare verso il Partito democratico o i socialisti, che saluteremo senza alcun rimpianto. Parliamo della crisi del Prc, che è l’epicentro della crisi della sinistra. In queste ore stiamo verificando che nella base del partito si sta producendo un forte sussulto, una reazione che non è solo di rabbia. Tanti compagni e compagne sono costretti dalla sconfitta a un riesame severo della politica del partito, del suo funzionamento, del ruolo dei gruppi dirigenti. È una reazione non solo sacrosanta ma anche estremamente positiva, nella quale vediamo emergere non solo lo sconforto, ma anche tanta voglia di continuare, di rialzare la testa e cercare una nuova strada. Ci sono compagni che stanno chiedendo ora la tessera del partito quando magari in precedenza non vedevano il motivo di aderire a una forza che pareva, ed era, completamente invischiata nella palude governista. Su questa reazione è possibile costruire un nuovo inizio, una “nuova Rifondazione”, della quale ci sentiamo pienamente partecipi e alla quale vogliamo dedicare tutte le nostre energie, a partire dal congresso imminente. Ma per poter ricominciare, è necessario rimuovere le macerie. Il gruppo dirigente deve essere cambiato, chi è responsabile della sconfitta si faccia da parte e, semmai, si metta a disposizione. Chi ha demolito il partito non ha alcuna autorità per dare lezioni su quale debba essere il futuro della sinistra, né tantomeno per insistere su una linea liquidatoria e suicida. Non si tratta solo di rimuovere una “cupola”, ma di ricreare un serio modello di militanza e di discussione politica che dia a tutti coloro, e sono migliaia, che non sono disposti a gettare la spugna, gli strumenti per tornare a costruire quel radicamento operaio indispensabile a un partito che non voglia essere vittima delle mode, dell’istituzionalismo, delle passerelle mediatiche e di tutte le degenerazioni che ci hanno condotto fin qui. C’è naturalmente chi non vuole imparare neppure dalle evidenze più palmari. Marco Revelli, ad esempio, che pur non essendo iscritto al Prc è stato un punto di riferimento ideologico di tanta parte dei suoi dirigenti, nel valutare le elezioni propone le seguenti riflessioni sulla Lega. La Lega, dice, conquista il voto popolare grazie alla sua presenza sistematica nelle periferie e al suo radicamento sociale. Giusto. Subito dopo, però, Revelli ripropone il vecchio ritornello sulla necessità di superare la forma partito. Ma come non vedere che se c’è in Italia un partito che ha perseguito sistematicamente l’idea del “partito pesante”, centralizzato, radicato, questo è precisamente la Lega? Certo, la Lega pone quel modello al servizio della reazione; non per questo la lezione perde di importanza. La volontà di riscatto che anima la parte più vitale del Prc deve essere la base per una elaborazione politica e teorica all’altezza della sfida. I circoli, le federazioni, i gruppi dirigenti del Prc devono diventare luoghi di dibattito politico serio, di indagine approfondita sulle condizioni di lavoro e di vita di quei milioni di lavoratori che percepiscono la sinistra come sideralmente lontana dai loro bisogni. Dobbiamo aprire, o riaprire, una discussione seria sulle esperienze storiche del movimento operaio e comunista, sulle basi teoriche del marxismo, sulle esperienze di punta della lotta di classe a livello internazionale, a partire da quelle latinoamericane, che oggi possono aiutarci a riproporre la questione del superamento del capitalismo e di una società socialista basata sui bisogni e non sul profitto. Su queste basi, in un partito che ponga al centro la militanza e lo spirito di sacrificio, sarà allora possibile anche parlare di una vera democrazia interna, di controllo della base sui vertici, della formazione di una nuova generazione di quadri e di militanti. Il fatto che l’Arcobaleno abbia ricevuto in molte elezioni amministrative un voto significativamente più alto che nelle politiche conferma che i voti non si sono solo persi verso l’astensione o la destra, ma che una quota cospicua è andata al “voto utile” (rivelatosi inutile) per il Partito democratico. Non dubitiamo che vi sarà chi impugnerà questi dati per “dimostrare” come la rottura col Pd sia la causa della sconfitta e che è quindi indispensabile ricucire i rapporti con Veltroni. Si scorda che ben prima del nostro elettorato, a cedere al richiamo del voto utile e del “meno peggio” è stato l’intero gruppo dirigente, che per ben due anni ha ingoiato rospi a vagonate in nome della difesa del governo Prodi. Oggi potrebbe sembrare che, con il partito fuori dal parlamento, il problema dei rapporti col Pd sia secondario, ma non è così. Innanzitutto, continuamo a governare col Pd in regioni e comuni di ogni dimensione. Basta dare un’occhiata al tracollo dei nostri voti in Campania per vedere la fine ingloriosa di 15 anni di collaborazione con Bassolino. Anche fuori dal parlamento, il problema politico di fondo rimane aperto. Dobbiamo scegliere tra chi pensa che la sinistra debba comunque, in un modo o nell’altro, costruirsi in una logica di alleanza col Pd, di fronte comune contro le destre, in sostanza di proseguire sulla strada degli scorsi anni, e chi invece ritiene che la natura padronale e confindustriale del Pd ne faccia un nostro avversario strategico. Noi siamo, da sempre e con nettezza, su questa seconda posizione. Non si ricostruirà mai una sinistra di classe, reale espressione dei lavoratori, con un consenso di massa, fino a quando non si romperà definitivamente questo cordone ombelicale. Sappiamo bene che non basta agitare slogan o parole d’ordine di sinistra, per quanto corrette, per risalire la china. Le condizioni obiettive, il maturare della coscienza delle masse, ha le sue regole e i suoi tempi che non dipendono principalmente dall’azione di un partito, per giunta piccolo, ma dipendono soprattutto dagli avvenimenti, dall’esperienza viva che milioni di lavoratori compiono ogni giorno. Per rompere la presa della destra nel nostro paese e il duopolio Pd-Pdl non basteranno tante belle parole, ma sarà necessario un forte movimento di massa dei lavoratori, che ne scuota l’egemonia nella società, che faccia emergere un punto di riferimento forte sul quale una prospettiva comunista possa trovare credibilità e autorità. Un movimento del genere è implicito nella situazione creatasi, ma non per questo si materializzerà domani mattina. Al contrario, proprio per la profondità dello shock e per l’accumulo di pressioni di ogni tipo (economica, ideologica, politica) che graveranno sulla classe operaia, sarà necessario un lasso di tempo imprevedibile ma probabilmente non brevissimo prima che questa situazione di frustrazione e confusione esploda in una mobilitazione di massa e in un nuovo protagonismo operaio e giovanile. Proprio per questo siamo convinti che quando accadrà, assumerà forme estremamente radicali e conflittuali come da tempo non si vede nel nostro paese. Questo non significa che ci siederemo ad aspettare tempi migliori. Al contrario, questa fase difficile deve essere attraversata fino in fondo, in tutte le sue pieghe, dobbiamo usare le difficoltà attuali per imparare a calarci nel profondo delle contraddizioni, per partecipare passo per passo a questa traversata, per far crescere un nuovo tipo di militante operaio, comunista, che rompa oggi con il lascito fallimentare della stagione del governismo e della liquidazione politica e ideologica, per potere domani svolgere un ruolo di primo piano nel riscatto che tutti insieme prepareremo.

Diliberto: ripartiamo dai comunisti

Non voglio rifare il Pci, perche' il Pci aveva il 34% dei voti ed era una cosa grandissima. Vorrei molto piu' banalmente rifare una rifondazione comunista come quando era tutta unita. E cioe', un partito medio-grande. Noi siamo pronti a fare la riunificazione. Naturalmente ora spetta a loro In ogni caso adesso occorre ricostruire la sinistra iniziando dai comunisti. Quindi rimettendo insieme i 2 partiti comunisti e tutti gli altri comunisti che non si riconoscono in Rifondazione e nel Pdci. Tutto questo, ovviamente, va fatto partendo da una autocritica severissima: il simbolo, l'insediamento sociale, la campagna elettorale sbagliata e anche il profilo della sinistra stessa. Occorre ripartire dalla falce e martello: con quel simbolo 2 anni fa abbiamo preso 3 milioni e 700 mila voti. Con il simbolo dell'arcobaleno solo un milione.

venerdì 18 aprile 2008

Paolo Ferrero - Ripartire da Rifondazione Comunista

La sconfitta che abbiamo subito alle elezioni è pesantissima. Essa va oltre la semplice registrazione del pessimo risultato della nostra partecipazione al Governo Prodi, o dell’arretramento sociale e culturale cha abbiamo subito negli anni scorsi. C’è di più: c’è che non siamo riusciti a comunicare alla nostra gente il senso della nostra utilità.
Questa sconfitta che ha portato alla scomparsa della sinistra dal Parlamento rischia di aggravarsi per il processo di dissoluzione politica del gruppo dirigente della Sinistra Arcobaleno che si caratterizza, nei commenti post voto, per una babele di messaggi che vanno da chi intende entrare nel PD, a chi vuole rilanciare il centro sinistra, a chi vuole fare l’unità coi socialisti, a chi si affida ai giovani, chi ai padri nobili, ecc. Alla sconfitta rischia rapidamente di subentrare il completo disorientamento e la perdita del senso del proprio impegno politico.
Non migliori mi paiono le due opposte ipotesi che si sostengono a vicenda: quella di un nuovo partito della sinistra che veda lo scioglimento dei partiti esistenti, e quella dell’unità dei comunisti. Questi progetti si sostengono a vicenda perché alla fine se andassero avanti sarebbero destinati a realizzarsi in parallelo ottenendo l’esito di ridividere la sinistra su basi ideologiche senza alcuna chiarezza sulla linea politica e sulla cultura politica dei soggetti stessi. Questi progetti prevedono nei fatti la distruzione di Rifondazione Comunista e del suo patrimonio di elaborazione, di linea, di militanza. Un disastro politico che - tra l’altro - non farebbe i conti con il problema del reinsediamento sociale della sinistra e con la necessità di fare i conti con la crisi della politica e con le forme assai diversificate di militanza che caratterizzano la sinistra diffusa.
Per questo è assolutamente necessario attivare al più presto sedi di discussione politica in tutte le città, per ragionare collettivamente su quanto è successo. Riattivare i percorsi di discussione politica è assolutamente necessario per evitare che la sconfitta determini il ripiegamento e il ritorno a casa delle decine di migliaia di compagni e compagne, con o senza tessera di partito, che hanno generosamente dato il loro impegno nella campagna elettorale.
In questa situazione terremotata io ritengo che si debba ripartire da qualche punto fermo. Per questo ritengo necessario, nel contesto di valorizzazione dei rapporti unitari a sinistra, rimettere in pieno funzionamento Rifondazione Comunista, sia come corpo politico collettivo formato da decine di migliaia di compagni e compagne, sia come capacità di proporre un indirizzo politico grazie al quale uscire dal pantano.
Per questo è bene che il Congresso sia fatto immediatamente e per questo ho insistito moltissimo per avere la riunione del Comitato Politico Nazionale nelle giornate di sabato e domenica prossimi, dopo l’assemblea di Firenze “per la Sinistra unita e plurale”. Una riunione dell’organismo dirigente di Rifondazione è necessaria per riattivare il corpo del partito e il suo gruppo dirigente e per darci una linea da tenere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Senza una direzione politica chiara Rifondazione è destinata ad essere triturata dalla sconfitta elettorale e dalla confusione politica.
Ripartire da Rifondazione Comunista - che deve continuare a vivere per l’oggi e per il domani - è condizione assolutamente necessaria per poter ricominciare a lavorare ad un processo di unità della sinistra che - evitando scorciatoie politiciste ed organizzative - riesca a ricostruire una lettura credibile della società italiana, un qualche grado di radicamento sociale e un senso concreto dell’utilità sociale della sinistra in questo nostro paese.

Rilanceremo Rifondazione Comunista, senza paura della realtà, come sempre abbiamo fatto.

La catastrofe è di tali proporzioni che mi ha lasciato attonito. Sapevo, e lo avevo detto e scritto, che l’idea della Sinistra e L’arcobaleno era sbagliata anche elettoralmente. Ma non prevedevo certamente un simile risultato. Non è quindi con la stupida presunzione di chi afferma con aria supponente: - “l’avevo detto io!” – che mi accingo a scrivere queste note. Rimane solo l’amarezza di non aver potuto discutere prima, per tempo, a causa di un atteggiamento, questo si presuntuoso, di chi presentava le proprie decisioni come le UNICHE POSSIBILI, di chi derideva le posizioni altrui (come le mie per esempio) come MINORITARIE e TESTIMONIALI (salvo svegliarsi martedì mattina avendo ridotto l’intera sinistra ad una testimonianza extraparlamentare), di chi continua imperterrito a parlare di nuove accelerazioni e di nuove scelte irreversibili.

Comunque, cerchiamo di ragionare.

Prima che compaiano studi approfonditi sui flussi elettorali bisogna affidarsi ad una osservazione superficiale. Credo però sufficiente per formulare almeno ipotesi. Ovviamente da verificare. Le destre stravincono. Raccolgono tutti i propri voti potenziali (compresi quelli che nel 2006 si erano astenuti) e un cospicuo numero di elettori delusi dal centrosinistra. La intrapresa politica fondata sulla espressione dei peggiori istinti di una società atomizzata e scossa dalla crisi è pienamente riuscita. Spicca, da questo punto di vista, il voto della Lega.
Al contrario, l’operazione del PD, che tentava di contendere alla destra i voti ispirati dalla paura e dall’insicurezza e quelli dei ceti abbienti benpensanti è completamente fallita. Solo l’idea, perniciosa e perdente, del VOTO UTILE CONTRO BERLUSCONI è stata in parte premiata unicamente con voti di sinistra, occultando parzialmente la totale inefficacia del progetto del PD.
La distanza, in voti assoluti e in percentuali, fra i due principali schieramenti, lo dimostra inequivocabilmente.

La Sinistra e L’Arcobaleno perde in ogni direzione. Quando si perdono quasi tre milioni di voti su quattro si troveranno le tracce dell’esodo in ogni dove. Ma credo si possa dire, non so in quale esatta misura, che la gerarchia sia: astensione, PD (compresa italia dei valori). Molto al di sotto, in diverse altre direzioni, compresa la Lega e perfino l’UDC. Non bisogna dimenticare il voto del Partito Comunista dei Lavoratori e di Sinistra Critica (316mila al senato e 376mila alla camera pari all’uno per cento) che sono tutti voti provenienti da Rifondazione. Che due piccolissime formazioni esordienti alle elezioni prendano più di un terzo di voti rispetto a quattro partiti con 140 parlamentari è qualcosa che dovrebbe far riflettere. E non si tratta solo della falce e martello, che pure ha avuto il suo ruolo, ma anche di un voto militante e giovanile di movimento che, nonostante la dimensione sostanzialmente irrilevante dal punto di vista elettorale, non può essere osservato con sufficienza dal punto di vista politico.
Al di là dei flussi credo sia necessario capire i motivi profondi di una tale perdita di voti. Ognuno può verificare empiricamente, interrogando i propri conoscenti, che le motivazioni sono state tante, diverse, e in molti casi contradditorie. Delusione per la condotta al governo, sia nella versione del “tanto siete inutili” che in quella più diffusa (credo) del “siete diventati uguali agli altri”. Da questa scaturisce l’astensione ed anche il voto per il PD per la paura di Berlusconi, ed all’Italia dei Valori. Segue quella tanto infondata quanto esistente del “avete disturbato l’azione di governo e siete la vera causa della sua caduta”. Da questa scaturisce il voto al PD. C’è, ed anche forte, il non essersi riconosciuti nel nome, nel simbolo e nel leader della SA. Da questa scaturisce l’astensione e il voto per la falce e martello. Ovviamente le prime due motivazioni sono numericamente molto grandi, ma non bisogna sottovalutare che la terza, sebbene numericamente minore, ha investito i militanti e i più politicizzati che sono sempre il motore della campagna elettorale.
Con un’Italia devastata socialmente, con un governo pessimo del quale facevamo parte, con le lotte e i movimenti presenti ma impossibilitati a vincere e nemmeno a farsi ascoltare, con l’insidia della nascita del PD (che troppi cretini dicevano avrebbe aperto grandi spazi elettorali a sinistra) la sinistra, e Rifondazione in particolare, si è trovata in una tipica e classica situazione di empasse. In un vicolo cieco.
Invece di affrontare con realismo la situazione, di aprire una vera trattativa con Prodi mobilitando tutte le forze disponibili, anche scontando di perdere una parte di consensi, ma conservando gli altri, si è scelto di scappare dai problemi e di avviare la costruzione di un nuovo partito tanto generico quanto moderato. Per giunta mortificando le identità, soprattutto quella comunista, e facendo tutto in modo oligarchico.
Così facendo si sono persi consensi in tutte le direzioni.

Insisto! Nessuno mi toglie dalla testa che la rottura con Prodi sul welfare avrebbe scontato la perdita di molti voti, ma anche la mobilitazione nella lotta di una parte del paese che ci avrebbe capiti benissimo e che non ci avrebbe abbandonati alle elezioni. Di fronte a tutto questo, oggi, tutto si può fare tranne che continuare, come un pugile suonato, a ripetere che la Sinistra Arcobaleno è il futuro. Sono rimasto davvero molto colpito dal fatto che Bertinotti, Giordano, Vendola e Migliore abbiano riproposto ossessivamente il superamento di Rifondazione e la costruzione di un nuovo partito anche dopo il risultato elettorale, nonostante il Pdci abbia dichiarato chiusa l’esperienza SA lanciando la costituente comunista, con l’evidente scopo di lucrare sullo scioglimento di rifondazione, nonostante i Verdi vadano al congresso con la discussione che verterà sull’alleanza (forse perfino ingresso) col PD o sul rilancio alle europee del simbolo storico del Sole che Ride, e nonostante moltissimi di Sinistra Democratica siano andati nel PD perfino in campagna elettorale ed altrettanti si apprestino a farlo presto nelle prossime settimane.
Veramente non credo alle mie orecchie!
E’ per questo che non bisogna permettergli di produrre altri fatti irreversibili.
Rifondazione Comunista esiste, ferita, con i suoi difetti e limiti, ma esiste.

Ci sono decine di migliaia di compagne e compagni che non si rassegnano, che non hanno nessuna intenzione di consegnare al PdCI e ad altri i resti militanti ed anche elettorali che deriverebbero dalla morte di Rifondazione. Che hanno saputo coniugare l’identità comunista con l’innovazione politico-culturale, che non hanno una vocazione di potere, che sono immersi in tutte le lotte del paese. Che sanno che il risultato elettorale non riflette il vero stato delle cose e che c’è rimedio a tutto questo. Perciò rilanceranno, rilanceremo, Rifondazione Comunista riprendendo il cammino del nostro progetto, mortificato e contraddetto dall’esperienza di governo, e produrremo unità nei movimenti ed anche fra le forze politiche fondandola sui contenuti, sulle cose, e non più sulle illusioni salottiere.

ramon mantovani

giovedì 17 aprile 2008

Appello - Ricostruire a Sinistra

Appello

COMUNISTE E COMUNISTI: COMINCIAMO DA NOI

Ricostruire a sinistra



Dopo il crollo della Sinistra Arcobaleno, ci rivolgiamo ai militanti e ai dirigenti del Pdci e del Prc e a tutte le comuniste/i ovunque collocati in Italia

Siamo comuniste e comunisti del nostro tempo. Abbiamo scelto di stare nei movimenti e nel conflitto sociale. Abbiamo storie e sensibilità diverse: sappiamo che non è il tempo delle certezze. Abbiamo il senso, anche critico, della nostra storia, che non rinneghiamo; ma il nostro sguardo è rivolto al presente e al futuro. Non abbiamo nostalgia del passato, semmai di un futuro migliore. Il risultato della Sinistra Arcobaleno è disastroso: non solo essa ottiene un quarto della somma dei voti dei tre partiti nel 2006 (10,2%) - quando ancora non vi era l’apporto di Sinistra Democratica - ma raccoglie assai meno della metàdei voti ottenuti due anni fa dai due partiti comunisti (PRC e PdCI), che superarono insieme l’8%. E poco più di un terzo del miglior risultato dell’8,6% di Rifondazione, quando essa era ancora unita. Tre milioni sono i voti perduti rispetto al 2006. E per la prima volta nell’Italia del dopoguerra viene azzerata ogni rappresentanza parlamentare: nessun comunista entra in Parlamento. Il dato elettorale ha radici assai più profonde del mero richiamo al “voto utile”: risaltano la delusione estesa e profonda del popolo della sinistra e dei movimenti per la politica del governo Prodi e l’emergere in settori dell’Arcobaleno di una prospettiva di liquidazione dell’autonomia politica, teorica e organizzativa dei comunisti in una nuova formazione non comunista, non anticapitalista, orientata verso posizioni e culture neo-riformiste. Una formazione che non avrebbe alcuna valenza alternativa e sarebbe subalterna al progetto moderato del Partito Democratico e ad una logica di alternanza di sistema.

E’ giunto il tempo delle scelte: questa è la nostra
Non condividiamo l’idea del soggetto unico della sinistra di cui alcuni chiedono ostinatamente una “accelerazione”, nonostante il fallimento politico-elettorale. Proponiamo invece una prospettiva di unità e autonomia delle forze comuniste in Italia, in un processo di aggregazione che, a partire dalle forze maggiori (PRC e PdCI), vada oltre coinvolgendo altre soggettività politiche e sociali, senza settarismi o logiche auto-referenziali. Rivolgiamo un appello ai militanti e ai dirigenti di Rifondazione, del PdCI, di altre associazioni o reti, e alle centinaia di migliaia di comuniste/i senza tessera che in questi anni hanno contribuito nei movimenti e nelle lotte a porre le basi di una società alternativa al capitalismo, perché non si liquidino le espressioni organizzate dei comunisti ed anzi si avvii un processo aperto e innovativo, volto alla costruzione di una “casa comune dei comunisti”. Ci rivolgiamo: -alle lavoratrici, ai lavoratori e agli intellettuali delle vecchie e nuove professioni, ai precari, al sindacalismo di classe e di base, ai ceti sociali che oggi “non ce la fanno più” e per i quali la “crisi della quarta settimana” non è solo un titolo di giornale: che insieme rappresentano la base strutturale e di classe imprescindibile di ogni lotta contro il capitalismo; -ai movimenti giovanili, femministi, ambientalisti, per i diritti civili e di lotta contro ogni discriminazione sessuale, nella consapevolezza che nel nostro tempo la lotta per il socialismo e il comunismo può ritrovare la sua carica originaria di liberazione integrale solo se è capace di assumere dentro il proprio orizzonte anche le problematiche poste dal movimento femminista; -ai movimenti contro la guerra, internazionalisti, che lottano contro la presenza di armi nucleari e basi militari straniere nel nostro Paese, che sono a fianco dei paesi e dei popoli (come quello palestinese) che cercano di scuotersi di dosso la tutela militare, politica ed economica dell’imperialismo; -al mondo dei migranti, che rappresentano l’irruzione nelle società più ricche delle terribili ingiustizie che l’imperialismo continua a produrre su scala planetaria, perchè solo dall’incontro multietnico e multiculturale può nascere - nella lotta comune - una cultura ed una solidarietà cosmopolita, non integralista, anti-razzista, aperta alla “diversità”, che faccia progredire l’umanità intera verso traguardi di superiore convivenza e di pace. Auspichiamo un processo che fin dall’inizio si caratterizzi per la capacità di promuovere una riflessione problematica, anche autocritica. Indagando anche sulle ragioni per le quali un’esperienza ricca e promettente come quella originaria della “rifondazione comunista” non sia stata capace di costruire quel partito comunista di cui il movimento operaio e la sinistra avevano ed hanno bisogno; e come mai quel processo sia stato contrassegnato da tante divisioni, separazioni, defezioni che hanno deluso e allontanato dalla militanza decine di migliaia di compagne/i. Chiediamo una riflessione sulle ragioni che hanno reso fragile e inadeguato il radicamento sociale e di classe dei partiti che provengono da quella esperienza, ed anche gli errori che ci hanno portati in un governo che ha deluso le aspettative del popolo di sinistra: il che è pure all’origine della ripresa delle destre. Ci vorrà tempo, pazienza e rispetto reciproco per questa riflessione. Ma se la eludessimo, troppo precarie si rivelerebbero le fondamenta della ricostruzione. Il nostro non è un impegno che contraddice l’esigenza giusta e sentita di una più vasta unità d’azione di tutte le forze della sinistra che non rinunciano al cambiamento. Né esclude la ricerca di convergenze utili per arginare l’avanzata delle forze più apertamente reazionarie. Ma tale sforzo unitario a sinistra avrà tanto più successo, quanto più incisivo sarà il processo di ricostruzione di un partito comunista forte e unitario, all’altezza dei tempi. Che - tanto più oggi - sappia vivere e radicarsi nella società prima ancora che nelle istituzioni, perché solo il radicamento sociale può garantire solidità e prospettive di crescita e porre le basi di un partito che abbia una sua autonoma organizzazione e un suo autonomo ruolo politico con influenza di massa, nonostante l’attuale esclusione dal Parlmento e anche nella eventualità di nuove leggi elettorali peggiorative. La manifestazione del 20 ottobre 2007, nella quale un milione di persone sono sfilate con entusiasmo sotto una marea di bandiere rosse coi simboli comunisti, dimostra – più di ogni altro discorso – che esiste nell’Italia di oggi lo spazio sociale e politico per una forza comunista autonoma, combattiva, unita ed unitaria, che sappia essere il perno di una più vasta mobilitazione popolare a sinistra, che sappia parlare - tra gli altri - ai 200.000 della manifestazione contro la base di Vicenza, ai delegati sindacali che si sono battuti per il NO all’accordo di governo su Welfare e pensioni, ai 10 milioni di lavoratrici e lavoratori che hanno sostenuto il referendum sull’art.18. Auspichiamo che questo appello – anche attraverso incontri e momenti di discussione aperta - raccolga un’ampia adesione in ogni città, territorio, luogo di lavoro e di studio, ovunque vi siano un uomo, una donna, un ragazzo e una ragazza che non considerano il capitalismo l’orizzonte ultimo della civiltà umana.

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Prc Basilicata, si dimette il Segretario Regionale Michele Saponaro

Il segretario regionale di Rifondazione comunista, Michele Saponaro, ha annunciato le dimissioni dall’incarico. “Anche in Basilicata la proposta politica de La Sinistra-L’Arcobaleno è stata battuta sonoramente. L’ossessione del ‘voto utile’, indotto dalla polarizzazione voluta dalle scelte populistiche – quelle rozze e indecenti, cioè razziste, mafiose, padronali, egoiste del centro-destra; quelle ‘interclassiste’, che volutamente tendono a confondere, sotto l’egida del mercato, gli interessi del capitale e del lavoro – spiega con tutta evidenza – ha sostenuto Saponaro - il grado di irrazionalismo inculcato nelle scelte elettorali con il chiacchiericcio dei salotti buoni televisivi; ma soprattutto, l’impotente solitudine della ‘scelta di parte’ fatta in ritardo dalla Sinistra, come estremo tentativo di salvarsi dalla sua fine. Ne è conferma proprio il contestuale voto amministrativo, che risarcisce in qualche modo la sinistra lì dove si è coalizzata con il PD. Ho condiviso le scelte fatte e questo motiva le mie dimissioni. In realtà, da tempo la politica del Novecento – e di cui ancora nel ’68 e fin nei primi anni ‘70 abbiamo avuto la ventura di viverne gli ultimi sprazzi – non è più il luogo della decisione perché – continua ancora - le decisioni restano per principio sottratte alla discussione pubblica, che così si adatta passivamente alla politica, così come la politica si è passivamente adattata all’economia e questa alla tecnica. Ma la Tecnica tende solo al proprio autopotenziamento, da cui traggono profitto i potentati economici indifferenti alle sorti umane. Questo processo oggi si è disvelato fino al punto di risolversi in un procedimento regolamentato dall’acclamazione, indotta dalla fascinazione televisiva, di élite chiamate alternativamente al potere. Oggi, è toccata a Berlusconi, legittimato da un elettorato che non poteva far altro, a prendere decisioni all’interno dello scenario dischiuso e predisposto dalla tecnica (per decidere sì o no l’apertura di centrali nucleari, introdurre organismi geneticamente modificati, petrolio o fonti rinnovabili, acqua pubblica o privata, tassi d’inflazione, ecc.; per tali decisioni, occorrerebbe essere di volta in volta fisici atomici genetisti, consulenti di organismi internazionali - FMI, Banche, Borse, ecc.). Non sta qui il progressivo disinteresse dei cittadini di fronte alla politica, incapace di indicare un modo diverso e più efficace per restituire agli uomini - costretti oggi a confrontarsi in disperse formazioni, quando non individualmente col volto tremendo del futuro, dell’ignoto, dell’incommensurabile, quale oggi la tecnica è - il diritto di parola sulla loro vita sociale e collettiva? Paradossalmente, spezzati gli antichi legami affettivi e comunitari originati proprio – ha affermato - per sottrarci al terrore della solitudine e dell’irreperibilità di una traccia di senso, la loro assenza, oggi, ci rigetta in quella stessa paura del futuro che la natura incomprensibile metteva agli antichi. Non sono morte le ragioni della Sinistra e del suo popolo, neppure in Italia: lavoro, democrazia, partecipazione, cultura del limite; sono gli oggetti del nostro interrogarci e che fanno la vera politica. Non ci si può rassegnare al conformismo e al rischio della scomparsa degli uomini e della natura. Ma per un progetto simile occorrono altre forze, altre energie, un’altra generazione di cittadini. Noi possiamo solo – conclude Saponaro - ripartire dal dichiararci ‘parte’: dalla parte delle ragioni del lavoro e della precarietà del lavoro e della vita”.

mercoledì 16 aprile 2008

Seppellire l’Arcobaleno
Ricostruire il Prc dall’opposizione
Il risultato elettorale della Sinistra arcobaleno è per generale ammissione al di sotto delle peggiori aspettative. Per la prima volta da 126 anni, da quando nel 1882 Andrea Costa venne eletto primo parlamentare socialista, non esiste nel parlamento italiano né un socialista, né un comunista. Non esistono precedenti, almeno nel nostro paese, che possano fare da guida per darci un orientamento.

Nel 1948 il Fronte popolare costituito da comunisti e socialisti subì una disfatta storica che aprì la strada a vent’anni di pesante egemonia democristiana, agli anni duri della discriminazione anticomunista, alla scissione della Cgil. Tuttavia le strutture portanti ressero, il Pci rimaneva un partito forte e radicato profondamente nella classe operaia.

Oggi la portata della sconfitta non discende solo dall’esclusione dal parlamento, ma soprattutto dalla sensazione di tracollo e di disfacimento che traspare in queste prime ore.

Che una sconfitta ci sarebbe stata, era scritto in partenza. Un’esperienza di governo fallimentare, terminata ingloriosamente per mano di Mastella e Dini: una rottura col Pd subìta con rassegnazione da parte dei gruppi dirigenti dell’Arcobaleno, che in buona parte hanno continuato a piagnucolare per la protervia di “Walter” che non ha voluto stringere accordi (e c’è chi continua anche dopo il voto con lo stesso ritornello); una campagna elettorale zoppicante, parole d’ordine vaghe e contraddittorie, dirigenti in larga misura screditati che si rivolgevano a piazze quasi sempre semivuote. Tutto questo lasciava presagire un esito negativo, ma i numeri, smentendo anche i sondaggi più negativi, dicono che si è aggiunto qualcosa di più.

Alla semplice domanda: “C’è un solo motivo per cui valga la pena di votare l’Arcobaleno?” oltre due milioni e settecentomila elettori che nel 2006 avevano votato le forze dell’Arcobaleno (senza contare Sinistra democratica) non hanno saputo dare risposta. Il voto della sinistra è esploso in frammenti, chi nell’astensione, chi nelle liste del Pcl e di Sinistra critica, chi nel “voto utile” al Pd, diversi, c’è da supporre, anche nel voto a Di Pietro e alla Lega nord. Il terreno è franato sotto i piedi di un gruppo dirigente che fino all’ultimo minuto non ha dimostrato di avere il minimo sentore di quanto si stava preparando. È la fine di un’epoca.

Al capolinea arriva non solo una linea politica fallimentare che dal 2005 ha condotto Rifondazione da una sconfitta all’altra. Finisce l’epoca della sinistra glamour che invece che ai cancelli delle fabbriche convoca i giornalisti nei locali alla moda; finisce la lunga stagione delle “trovate” bertinottiane, dei giochi di parole, delle “mosse del cavallo” e dei “balzi della tigre” che tanto piacevano all’ex presidente della Camera.

Si potrebbe scrivere un lungo catalogo degli argomenti con i quali questi dirigenti intelligenti attaccavano noi e tutti coloro che criticavano la loro linea negli anni scorsi, in particolare quando ci opponevamo all’entrata nel governo Prodi. Per non dilungarci citiamo solo il più (involontariamente) umoristico: “Se seguissimo le vostre posizioni – dicevano –, usciremmo dalla politica e finiremmo col fare gli extraparlamentari!”. I signori strateghi sono ora serviti!

Si apre una probabile diaspora, l’attrazione verso il Pd sarà irresistibile per larga parte del ceto politico dirigente dell’Arcobaleno. Gran parte dei Verdi si prepara a una precipitosa correzione di rotta. Sinistra democratica ha ripetuto per tutta la campagna elettorale e anche oltre che prima o poi col Pd bisognerà riaprire il dialogo. Le sirene si fanno sentire anche in Rifondazione.

Bene: chi deve andare vada, senza farsi trattenere dai rimpianti; vadano ad accomodarsi nel loft di Veltroni, nessuno li rimpiangerà, per ricostruire dopo questa sconfitta ci servirà ben altro materiale umano e ben altra linea politica e se nel fuggi-fuggi dovesse essere travolto qualche spezzone del Prc, tanto meglio. Se il Prc ha un futuro, può averlo solo liberandosi dei tanti che invece di vivere per la politica hanno deciso di vivere di politica, di carriera, di amministrazioni locali, dei traffichini della politica pronti a tutto pur di salire un gradino di carriera.

Comincia una lunga marcia verso i lavoratori, le fabbriche, i conflitti, gli immigrati, le donne (quelle vere, che subiscono sulla loro pelle il pesante ritorno del clericalismo e dell’oppressione familiare e lavorativa; non le immaginette da convegno che fanno solo battaglie per le candidature), le periferie, i tanti luoghi nei quali nessuno sa più a cosa debba servire un partito comunista e di classe.

Questa lunga marcia la faremo, ne siamo certi, assieme a tante migliaia di compagni e compagne che non sono disposti a vedere andare in liquidazione le idee e il partito per il quale abbiamo combattuto tante battaglie.

Il presidente uscente di Confindustria Montezemolo esulta perché il risultato elettorale non solo garantisce la governabilità, ma anche per “la netta sconfitta delle forze politiche portatrici si una cultura anti-impresa, anti-mercato e anti-sviluppo”.

C’è solo una strada per smentire l’arrogante trionfalismo del capo confindustriale: ricostruire, con pazienza certosina, tanta umiltà e tanto spirito di sacrificio, la presenza dei comunisti nei conflitti di classe che inevitabilmente torneranno ad attraversare il nostro paese. Che non si tratti di pie illusioni lo conferma il fatto che molti commentatori qualificati, dal direttore del Corriere della Sera in giù, hanno manifestato la loro preoccupazione per la cancellazione della sinistra dal parlamento: temono, dicono, una deriva radicale. Faremo di tutto per far sì che il loro timore sia la nostra speranza, che nelle lotte future si ricostruisca un Prc che possa andare a testa alta non nei salotti televisivi, ma fra gli sfruttati che lottano per i propri diritti e il proprio futuro.

Per fare una lunga marcia occorre tuttavia una direzione credibile, per idee e personaggi. Uno dei pochi punti oscuri di questo risultato elettorale è come faccia Franco Giordano a occupare ancora la carica di segretario del Prc. Diciamo questo non perché cerchiamo facili consolazioni o capri espiatori, ma per la convinzione profonda che sarebbe un primo atto volto a ridare credibilità al nostro partito.

Quanto alle “dimissioni” annunciate da Bertinotti, non siamo propensi a prenderle troppo sul serio. È noto che gli dèi non si dimettono dall’Olimpo, e il compagno Bertinotti ha già abbondantemente dimostrato in questi mesi e anche nella campagna elettorale di preferire di gran lunga il ruolo di deus ex machina che dall’alto della sua posizione pronuncia sentenze oracolari piuttosto che tornare a mischiarsi con noi, poveri plebei della politica militante, ai quali tuttavia non si perita di lasciar pagare il conto (politicamente parlando) dei suoi festini. E cosa dovremmo pensare di quei dirigenti che come un disco rotto ripetono “guai se si ferma il processo unitario!”… e viene da domandarsi quali altri guai dovrebbero ancora capitarci prima che ci si decida a buttare alle ortiche una linea fallimentare!

Il compagno Alfonso Gianni ha il pregio di parlare sempre chiaro. Su Liberazione del 15 aprile si esprime come segue: “idea personale: lanciare subito un appello per una costituente della sinistra, contare insomma chi ci sta, nei partiti e nella società”.

Per l’ennesima volta, che sarebbe anche l’ultima, si tenta di porre il partito di fronte a un fatto compiuto; ma è anche, dobbiamo esserne coscienti, il tentativo disperato di una componente politica sconfitta, che minaccia neanche tanto fra le righe nuove scissioni (“chi ci sta… nei partiti”) pur di sottrarsi a un dibattito democratico. Possiamo e dobbiamo battere questo tentativo in un confronto serrato, implacabile e soprattutto che coinvolga finalmente quelle migliaia e migliaia di compagni che sono stati espropriati da tempo del loro diritto a dibattere e a decidere del futuro del partito.

Una nuova linea di classe e di opposizione può e deve affermarsi nel congresso del Prc, che rivendichiamo si apra in tempi brevissimi. Vengano i compagni, gli iscritti, i militanti, quelli del 20 ottobre, e mettano a riposo un gruppo dirigente fallimentare e impongano un drastico cambio di rotta. Questa è la battaglia che faremo nel congresso, aperti a collaborare con tutti i compagni, comunque l’abbiano pensata fino a ieri, che condividano con noi due semplici cose: un’idea politica e un sentimento.

L’idea politica è che possiamo ricostruire un partito comunista all’altezza delle necessità se sapremo calarci fino in fondo nel conflitto di classe nella società e nella politica, interpretandolo nel solo modo concepibile oggi, e cioè come un conflitto che ci contrappone a entrambi gli schieramenti dominanti del Pd e del Pdl.

Il sentimento è quello di chi non è disposto a permettere che dopo averci condotto a questo disastro, i responsabili principali compiano l’ultimo scempio usando una sconfitta causata da loro stessi per dissolvere in un nulla politico il lavoro e le battaglie di centinaia di migliaia di compagni.

martedì 15 aprile 2008

Rassegna stampa






Comunicato Stampa di Francesco Cirigliano (CPN Prc/Se)

PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA

Comitato Politico Nazionale – Direzione Regionale di Basilicata


Comunicato Stampa

La debacle elettorale de La Sinistra,L’Arcobaleno annunciata dagli exit pool e dalle prime proiezioni, confermata dal risultato finale, ci pone di fronte ad un vero e proprio baratro: per la prima volta sarebbe assente dal Parlamento – quello nato con la costruzione della Repubblica antifascista – un partito che, attraverso simboli e programmi, rappresenta le lavoratrici e i lavoratori. Per la prima volta di questa storia mancherebbero dai rami del Parlamento le comuniste e i comunisti.

Un fatto senza precedenti che vede dei responsabili sia nel gruppo dirigente nazionale, sia in quello regionale di Basilicata che, in questi mesi e in queste settimane, ha costantemente ingessato dibattiti e discussioni, per procedere a testa bassa in un progetto il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti.

Sulla strada di un’accelerazione tutta organizzativista che, dopo aver cancellato la falce e martello, non è riuscita a mantenere fede a quella moratoria – proposta dal segretario nazionale e da lui stesso violata – volta a rimandare a dopo le elezioni il dibattito congressuale sul presunto scioglimento del Prc. Se a ciò si aggiunge il modello verticistico e senza appelli con cui si è proceduti alla formazione delle liste elettorali, emerge con drammaticità il quadro che fa da cornice alla catastrofe che abbiamo di fronte.

Ora è arrivato il momento di convocare immediatamente gli organi dirigenti regionali e, sin da subito, si sente la necessità di un’assunzione di responsabilità da parte dei protagonisti di questo fallimento. Non possono esistere uomini buoni per tutte le stagioni!

Potenza, li 14.04.’08

Francesco CIRIGLIANO

(membro del Comitato Politico Nazionale del PRC-SE)

Dichiarazione di Ramon Mantovani sui risultati elettorali

Dal Blog di Ramon Mantovani

“Quattro partiti prendono un milione di voti e diventano extraparlamentari.
Se il gruppo dirigente irresponsabile che ha portato a questo disastro insiterà sulla linea della sinistra arcobaleno sarà travolto dai militanti e dagli iscritti di rifondazione comunista.
Sarebbe bene per loro e per il partito che si dimettessero immediatamente.
E’ stata l’esperienza di governo a deludere gli elettori e ad allontanarci dai movimenti e dalle lotte.
Bisogna ripartire da rifondazione e ripartiremo da rifodazione, anche cercando una unità seria con altre forze mettendo da parte l’idea elettoralistica e subalterna al partito democratico della sinistra e l’arcobaleno”.

ramon mantovani