“ E’ FINITO UN CICLO POLITICO, SERVE DISCONTINUITA “
Rifondazione comunista in questi anni ha insistito ripetutamente sul tema della questione morale, quale questione prioritaria della riforma della politica nel Mezzogiorno e in Basilicata in particolare. E lo ha fatto con coerenza, sul terreno politico, ponendo sempre l’accento sulla connessione fra questione morale e questioni sociali. Povertà, emigrazione giovanile, disoccupazione, precarietà, da un lato, e sfruttamento delle risorse dall’altro, hanno determinato un contesto di passivizzazione e di vera e propria neocolonizzazione, fenomeni che abbiamo sempre messo in relazione con la crisi organica e generalizzata delle classi dirigenti regionali e del Mezzogiorno. Un groviglio in cui la politica e le istituzioni hanno perduto la loro natura di programmazione e di amministrazione del bene comune, divenendo spesso strumenti di interesse e di accumulazione particolare. La mercificazione e la privatizzazione ha attraversato ogni spazio sociale, anche la politica. Gran parte della classe dirigente meridionale oggi è prigioniera di un meccanismo che spinge a cercare il necessario consenso politico facendosi tramite del fiume delle sovvenzioni statali e europee. Il risultato è che una parte molto consistente di questi fondi non serve ad accrescere produttività sociale, a creare economia, lavoro, servizi più moderni, ma ad arricchire ceti parassitari e mestieri protetti: e la povera gente paga un prezzo enorme e crescente. Anche in Basilicata è accaduto questo, con maggioranze politiche ed elettorali che hanno esercitato un rapporto totalizzante con la società e l’economia, anche attraverso l’esclusione della sinistra alternativa dal governo regionale. La vicenda del petrolio è alla radice della questione morale in questa regione e le ultime vicende giudiziarie, a prescindere dai successivi sviluppi, possono rappresentare un campanello di allarme. Non solo per la mole di interessi e affari che si sono dipanati ai danni dell’ambiente e del territorio, e non solo per le responsabilità politiche che si sono consumate in questa vicenda; una questione su tutte, la vergognosa gestione complessiva delle trattative con l’Eni prima e con la Total poi. Basti pensare che fino al 2003 per il gas prelevato dai pozzi di petrolio la regione ha “dimenticato” di richiedere i compensi dovuti dalle multinazionali. Ma quel che è peggio, è che in questi anni mentre le multinazionali trivellavano questa terra, traendone profitti milionari, migliaia di ragazzi e di ragazze sono stati costretti ad emigrare verso il nord, in cerca di un lavoro precario, senza futuro. Questa è per noi innanzitutto la questione morale. La desertificazione prodotta in questi anni da una classe dirigente che non ha avuto un pensiero e uno sguardo sul destino della Basilicata e del Mezzogiorno. Oggi si impone la scelta di porre mano alla costruzione di un modello di avanzamento economico e civile. Dal Mezzogiorno deve ripartire il metodo della programmazione democratica in senso partecipativo delle risorse pubbliche europee, nazionali, regionali, delle politiche per il lavoro, l’ambiente, la formazione, l’energia, la salute. Un Mezzogiorno liberato dai “pesi della Storia”, necessita di un rinnovamento profondo e democratico delle classi dirigenti. Rifondazione Comunista in questi anni ha detto e scritto queste cose in solitudine, anche con atti di rottura come quello di uscire dalla maggioranza regionale due anni fa, attirandosi antipatie da opposte parti politiche. Oggi testardamente e coerentemente vogliamo rilanciarle perché vogliamo che si apra una discussione vera, che coinvolga tutta la società lucana, i partiti, le forze sociali, i movimenti, perché lo snodo di questa grave crisi sociale e politica è il destino di questa regione. E’ innanzitutto la politica a dovere fare i conti con se stessa, con una difficile quanto dirompente necessità di profonda riforma. Noi non siamo fra quelli che si esaltano “al tintinnar delle manette”. Al contrario, pensiamo che la questione morale non vada delegata al potere giudiziario, e che una nuova stagione giustizialista debba essere scongiurata, perché quando questo è accaduto, nella recente storia di questo paese, l’antipolitica che ne è scaturita ha determinato una cultura populista e della personalizzazione che ha aperto la strada ad un ciclo di egemonia delle destre sulla scena sociale. Di fronte ai fatti che afferiscono a nuove vicende giudiziarie che coinvolgono in queste ore diversi esponenti del Pd lucano, ci auguriamo innanzitutto uno sviluppo rapido delle indagini in modo da fare la massima chiarezza sulle presunte responsabilità politiche. E’ nostra opinione che in Basilicata, come in altre regioni del Mezzogiorno, si sia giunti alla fine di un ciclo politico e che pertanto occorra produrre degli atti conseguenti nella direzione di una riforma della politica e delle modalità dell’agire politico. Poniamo con determinazione la necessità di una rottura di discontinuità sul terreno del governo democratico delle risorse, su quello programmatico e delle classi dirigenti, come questione discriminante sul terreno politico e istituzionale, anche in relazione alle prossime scadenze amministrative e alla crisi che investe la maggioranza in consiglio regionale. Bisogna produrre un profondo cambiamento. Solo così si potrà determinare una risposta alla crisi sociale, economica, politica che investe questa regione, e che ha posto in evidenza il fallimento di un modello di sviluppo che con l’affare del petrolio rischia di affondare questa regione.
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