In questo Primo Maggio, Rifondazione Comunista è nelle piazze di tutta Italia con i sindacati, le forze della sinistra, le organizzazioni e le soggettività democratiche e di movimento, per affermare i valori del lavoro e i diritti dei lavoratori. L’appuntamento quest’anno si carica di energie e aspettative particolari, dopo la sconfitta alle elezioni politiche e l’uscita dal Parlamento. Siamo convinti che, nonostante l’assenza di nostri rappresentati tra i banchi della Camere e del Senato, continueremo a rappresentare le istanze di tante lavoratrici e lavoratori e saremo più stimolati a scendere nelle piazze e ad entrare nelle vostre lotte, per far valere e rispettare i diritti di tutti. È una giornata di grande, autentica, festa per sottolineare con forza la centralità dei bisogni e dei diritti delle persone che lavorano, per un necessario, profondo rinnovamento della società in cui viviamo. In questi anni i ricchi sono diventati straricchi godendo di tutele ed incentivi, mentre nei ceti popolari dilagano la precarietà e le nuove povertà e persino tanti lavoratori stabili, a tempo pieno, non guadagnano abbastanza per arrivare alla fine del mese. Impossibile dimenticare quanto le scelte neoliberiste abbiano approfondito le spaccature sociali e di potere. Il Governo dell’Unione, non rispettando il programma per il quale era stato eletto, non ha attuato politiche contro la precarietà e a tutela del lavoro, dei salari e delle pensioni, che in questi anni sono stati falcidiati dall’inflazione, anzi, per certi aspetti e come più volte da noi ribadito, ha persino peggiorato la situazione con l’introduzione del Protocollo del Welfare. Il nostro partito, nei quasi due anni al governo, si è spesso battuto affinché si utilizzassero le risorse a disposizione per la risoluzione di questi problemi e della piaga degli incidenti sul lavoro, ma spesso, all’interno della stessa maggioranza, ha incontrato la decisa e netta contrapposizione di altre forze politiche che hanno preferito destinare più fondi alle imprese ed alle spese militari. Soltanto per senso di responsabilità Rifondazione Comunista ha tenuto in piedi il Governo, perché riteneva e ritiene che l’avvento di un nuovo Governo Berlusconi non farà altro che peggiorare le già difficili condizioni dei lavoratori italiani. Per questi motivi continuiamo a ritenere indispensabile l’abolizione della Legge 30 e l’introduzione di un meccanismo di adeguamento automatico dei salari e delle pensioni al costo della vita.
mercoledì 30 aprile 2008
martedì 29 aprile 2008
Per battere il populismo e la demagogia della destra ricostruire la sinistra sociale
Dalle elezioni risalta chiara la vittoria della destra populista. Lega al Nord, Alemanno a Roma. Questa destra utilizza il disagio sociale crescente e la paura nel futuro per proporre la guerra tra i poveri. L’immigrato, lo zingaro, il drogato, il diverso diventano così il capro espiatorio contro cui costruire la comunità dei votanti a destra. La logica proposta è semplice: la coperta è stretta, lasciamo fuori i piedi di qualcun altro. Per battere questa destra è necessario ricostruire un conflitto sociale efficace e riattivare percorsi di democrazia sui territori e nei luoghi di lavoro. La vittoria del sindaco del centro sinistra a Vicenza ci parla di questo: no al raddoppio della base statunitense e referendum sulla medesima. E’ quindi possibile battere la destra populista nella misura in cui la sinistra è in grado di ricostruirsi contro i poteri forti, nella riattivazione della democrazia dal basso e del conflitto sociale. Il progetto politico del PD di Veltroni è invece completamente fuori gioco. Per mille motivi ma in primo luogo perché non fa i conti con la realtà. Propone un ottimismo da Italia anni ‘60, da adolescenza vissuta nel miracolo economico mentre la gran parte degli italiani guarda al futuro con timore quando non con paura, come se fossimo dentro Blade Runner. Il PD ha perso perché il suo progetto è minoritario, parla di una Italia normale che è minoranza e quando vuole parlare alla “pancia” del popolo lo fa inseguendo la destra sul terreno securitario. Per questo, per sconfiggere questa destra populista non ha alcuna efficacia il frontismo; serve la ricostruzione della sinistra sociale cioè la battaglia per “allargare la coperta” andando a prendere poteri e risorse da “lor signori”
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lunedì 28 aprile 2008
La rifondazione tutta da fare
di Ramon Mantovani su Il Manifesto del 27/04/2008
Quella di Nichi Vendola, nell'intervista di venerdì scorso al manifesto (clicca qui per leggere l'intervista), mi sembra un'operazione che nasconde i veri problemi e sposta la discussione su un terreno ideologico, in un'auspicata contesa innovatori contro conservatori.
Quella di Nichi Vendola, nell'intervista di venerdì scorso al manifesto (clicca qui per leggere l'intervista), mi sembra un'operazione che nasconde i veri problemi e sposta la discussione su un terreno ideologico, in un'auspicata contesa innovatori contro conservatori.
Insistere nel dire che ci sarebbe stata un resa dei conti e che la proposta del congresso a tesi sarebbe una furbizia, non è un bel modo per discutere. Chi non era d'accordo con la realizzazione degli annunci di Bertinotti, di Giordano e dello stesso Vendola, mai discussi prima nel partito, che avrebbero reso irreversibile il processo di dissoluzione del Prc, l'ha impedito con un voto e con una posizione limpida. Lo abbiamo fatto per restituire, prima che fosse troppo tardi, la parola agli iscritti e a quanti, nella sinistra, sono interessati a una discussione di prospettiva. Sarebbe interessante discutere della prospettiva piuttosto che di golpe o di contraddizioni tra i golpisti.
Come Nichi sa io mi sono opposto, fin dall'anno scorso, alla scorciatoia politicista dell'unità dall'alto. Mi sembrava e mi sembra un fuggire dal problema del governo in compagnia di forze che hanno sempre fatto della collocazione di governo il loro orizzonte strategico. Su questo Nichi non dice nulla e insiste, invece, a proporre di «ricostruire il campo della sinistra» con l'idea, curiosa, che si sa dove si comincia e non si deve sapere dove si finisce, anche nella relazione con il Pd.
Io non sono appassionato alle formulette organizzative. Mi interessa riprendere il cammino del «fare società» e dello stare «nei» movimenti, da dove è stato interrotto per l'esperienza di governo. Vorrei che l'idea dell'unità alla base della Sinistra Arcobaleno fosse completamente rovesciata. Non il «mettiamoci insieme», sorvolando su questioni strategiche come il governo, per poi vedere cosa viene fuori, bensì il ripartiamo dalle lotte, dal nostro insediamento sociale, che c'è ancora, da contenuti chiari, e su queste basi costruiamo l'unità. Per questo il patrimonio del Prc non deve essere disperso. L'innovazione che ci ha contraddistinti in questi anni non va perduta perché è indispensabile per affrontare il nostro tempo. E' l'averla ridotta a litania ripetuta, ma non praticata, a fiore all'occhiello da esibire per guadagnare l'apprezzamento di alcuni salotti buoni, che l'ha messa a rischio.
Il congresso su tesi emendabili dall'alto e dal basso, con la chiarezza del voto su opzioni politiche riguardanti il partito e la sinistra, e con una discussione libera su molte altre cose, comprese le culture politiche che sono un campo di ricerca e non uno strumento al servizio di questa o quella scelta immediata, è una proposta unitaria, non una furbizia. Sostenere che chi è per la non violenza deve per forza essere per la costituente e che chi vuole mantenere in vita il partito lo vuol fare cancellando la nonviolenza, questo sì è una furbizia. Possiamo davvero fare un congresso utile a noi e a tutta la sinistra proprio se, dopo una catastrofe di queste dimensioni, siamo capaci di rimetterci in discussione anche parlando, dolorosamente, degli errori commessi e di che cosa ci divide e di che cosa ci unisce, piuttosto che cercare una finta unità del gruppo dirigente, alla ricerca di un'autoassoluzione. Bisogna bandire le doppie verità, quelle per il gruppo dirigente e quelle per i militanti, quelle per la tv e quelle per i congressi, quelle per gli amici e quelle per i nemici. E bisogna parlare di politica e non di leader.
So bene quanto l'idea del leader salvifico, capace di comunicare in tv e di parlare suscitando emozioni, sia penetrata in un corpo politico confuso e reso impotente, proprio perché espropriato del diritto di decidere del proprio destino. Ma una discussione personalizzata fino al parossismo produrrebbe solo divisioni insanabili e un esodo di proporzioni ancor più grandi di quelle che abbiamo conosciuto nella nostra vita politica. Non si tratta di lapidare nessuno, caro Nichi, e comunque sono i mujaheddin del popolo a essere lapidati e impiccati dai seguaci dell'ayatollah che incarna l'unità indissolubile della cultura religiosa e della politica di stato.
Come Nichi sa io mi sono opposto, fin dall'anno scorso, alla scorciatoia politicista dell'unità dall'alto. Mi sembrava e mi sembra un fuggire dal problema del governo in compagnia di forze che hanno sempre fatto della collocazione di governo il loro orizzonte strategico. Su questo Nichi non dice nulla e insiste, invece, a proporre di «ricostruire il campo della sinistra» con l'idea, curiosa, che si sa dove si comincia e non si deve sapere dove si finisce, anche nella relazione con il Pd.
Io non sono appassionato alle formulette organizzative. Mi interessa riprendere il cammino del «fare società» e dello stare «nei» movimenti, da dove è stato interrotto per l'esperienza di governo. Vorrei che l'idea dell'unità alla base della Sinistra Arcobaleno fosse completamente rovesciata. Non il «mettiamoci insieme», sorvolando su questioni strategiche come il governo, per poi vedere cosa viene fuori, bensì il ripartiamo dalle lotte, dal nostro insediamento sociale, che c'è ancora, da contenuti chiari, e su queste basi costruiamo l'unità. Per questo il patrimonio del Prc non deve essere disperso. L'innovazione che ci ha contraddistinti in questi anni non va perduta perché è indispensabile per affrontare il nostro tempo. E' l'averla ridotta a litania ripetuta, ma non praticata, a fiore all'occhiello da esibire per guadagnare l'apprezzamento di alcuni salotti buoni, che l'ha messa a rischio.
Il congresso su tesi emendabili dall'alto e dal basso, con la chiarezza del voto su opzioni politiche riguardanti il partito e la sinistra, e con una discussione libera su molte altre cose, comprese le culture politiche che sono un campo di ricerca e non uno strumento al servizio di questa o quella scelta immediata, è una proposta unitaria, non una furbizia. Sostenere che chi è per la non violenza deve per forza essere per la costituente e che chi vuole mantenere in vita il partito lo vuol fare cancellando la nonviolenza, questo sì è una furbizia. Possiamo davvero fare un congresso utile a noi e a tutta la sinistra proprio se, dopo una catastrofe di queste dimensioni, siamo capaci di rimetterci in discussione anche parlando, dolorosamente, degli errori commessi e di che cosa ci divide e di che cosa ci unisce, piuttosto che cercare una finta unità del gruppo dirigente, alla ricerca di un'autoassoluzione. Bisogna bandire le doppie verità, quelle per il gruppo dirigente e quelle per i militanti, quelle per la tv e quelle per i congressi, quelle per gli amici e quelle per i nemici. E bisogna parlare di politica e non di leader.
So bene quanto l'idea del leader salvifico, capace di comunicare in tv e di parlare suscitando emozioni, sia penetrata in un corpo politico confuso e reso impotente, proprio perché espropriato del diritto di decidere del proprio destino. Ma una discussione personalizzata fino al parossismo produrrebbe solo divisioni insanabili e un esodo di proporzioni ancor più grandi di quelle che abbiamo conosciuto nella nostra vita politica. Non si tratta di lapidare nessuno, caro Nichi, e comunque sono i mujaheddin del popolo a essere lapidati e impiccati dai seguaci dell'ayatollah che incarna l'unità indissolubile della cultura religiosa e della politica di stato.
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