Dal sito www.marxismo.net
Due sono i punti da mettere al centro: la vittoria netta delle destre, contro tutte le ipotesi di “rimonta” e di “pareggio” e la scomparsa della sinistra dal parlamento. Le elezioni sono un indicatore fra altri, non l’unico e non necessariamente quello decisivo, della situazione politica. Tuttavia dei risultati così netti dicono molto sui processi avvenuti in questi anni. La nettezza della vittoria di Berlusconi si accompagna a una radicalizzazione a destra che si esprime nel voto alla Lega e alla Destra di Storace. In questo risultato sicuramente la parte del leone l’hanno fatta i due anni di governo Prodi e il rapido deteriorarsi delle condizioni sociali, di vita e di lavoro di milioni di persone. Tuttavia non possiamo nasconderci che in questo voto si manifestano anche processi di più lungo periodo. La crescita del voto operaio alla Lega, che torna a mietere consensi anche in zone come l’Emilia Romagna, unito a una crescita dell’astensionismo in molte zone operaie, è un segnale che deve far riflettere, così come il successo dell’Italia dei valori, che rappresenta l’anima più demagogica e reazionaria dell’alleanza guidata da Veltroni. Non è solo voto di protesta, è anche il frutto di un lungo lavoro di “semina”compiuto dalla Lega, spesso in collaborazione competititva con i neofascisti di Forza Nuova. Per anni il veleno razzista è stato disseminato nella società senza trovare una risposta forte e convincente da parte della sinistra e con l’accondiscendenza delle forze che poi hanno costituito il Pd. Più volte, assieme ad altri, ci siamo trovati a lanciare allarmi in questo senso dopo aver dovuto fronteggiare sul campo, in condizioni di estrema difficoltà, le campagne razziste come nei casi di Sassuolo, Opera, Pavia e tanti altri. Oggi vediamo il risultato. Se la destra razzista che frequenta quotidianamente i quartieri periferici mentre la sinistra lancia appelli alla fraternità dai salottini di Via Veneto, come stupirsi di questi numeri? La classe operaia, si dice, ha abbandonato la sinistra. Sì, almeno in larga parte. Ma solo perché prima la sinistra ha drammaticamente abbandonato la classe operaia a se stessa. Un ulteriore elemento da segnalare è il voto alla Destra, che si segnala per la sua forte componente giovanile. Paragonando il voto di Camera e Senato, emerge chiaramente come fra i giovani al di sotto dei 25 anni il partito di Storace raccolga ben 200mila voti in più, per un totale di 885mila (2,4%); è il partito che in proporzione al proprio elettorato ha il maggior voto giovanile. Su queste basi e con un contesto economico in rapido peggioramento, la rotta del governo è già tracciata. Berlusconi parla chiaramente di “misure impopolari” e i padroni si preparano a incassare.Commentando l’esito elettorale, Montezemolo ha espresso la sua soddisfazione per la “maggioranza chiara e netta che permette una piena governabilità” per approvare le “riforme necessarie e ineludibili”. Ha inoltre salutato con sincero entusiasmo “la netta sconfitta delle forze politiche portatrici di una cultura anti-impresa, anti-mercato e anti-sviluppo”. Emma Marcegaglia, neo presidente di Confindustria, chiede “segnali immediati” per le imprese. Non è difficile immaginare cosa intendano, il “decalogo” stilato da Confindustria durante la campagna elettorale è una nuova dichiarazione di guerra ai lavoratori e allo Stato sociale e in cima alla lista ci sarà la demolizione del contratto nazionale di lavoro. Su questo punto i padroni passeranno immediatamente all’offensiva e Montezemolo ha già dichiarato che “gli accordi si fanno con chi ci sta”. Il messaggio per la Cgil è chiaro: o vi piegate, o vi emargineremo. Non abbiamo dubbi su quale sarà la scelta di Epifani, l’apparato della Cgil non è certo disposto a chiamare le masse in piazza come fece nel 2002-2003 per l’articolo 18. Piuttosto è da attendersi un nuovo giro di vite interno contro la Fiom e le opposizioni di sinistra. Il “rischio terrorismo” viene già sbandierato dagli editorialisti della grande stampa come il prossimo nemico. In assenza di riferimenti parlamentari, temono, le proteste di piazza potrebbero degenerare nella violenza! Prepariamoci, quindi, a nuove campagne d’odio contro tutti coloro che oseranno levare la voce contro gli inevitabili cedimenti di Epifani e compagnia. Con una destra saldamente al governo e con un Pd a fare un “opposizione” che su molti temi potrebbe avere posizioni persino più liberiste e filopadronali di Tremonti, con una burocrazia sindacale in ginocchio e una sinistra a pezzi, è fin troppo facile capire che sui lavoratori si scaricherà una pressione pesantissima. Dobbiamo esserne coscienti, si preparano tempi molto duri. La possibililtà di esplosioni della lotta di classe sono implicite, ma dobbiamo sapere che la ripresa delle mobilitazioni si dovrà fare strada in una situazione politica e sociale assai difficile. Sarà una dura scuola. La sconfitta dell’Arcobaleno produrrà una severa selezione a tutti i livelli. Non parliamo qui di quei dirigenti dei Verdi e di Sinistra democratica che già si preparano a veleggiare verso il Partito democratico o i socialisti, che saluteremo senza alcun rimpianto. Parliamo della crisi del Prc, che è l’epicentro della crisi della sinistra. In queste ore stiamo verificando che nella base del partito si sta producendo un forte sussulto, una reazione che non è solo di rabbia. Tanti compagni e compagne sono costretti dalla sconfitta a un riesame severo della politica del partito, del suo funzionamento, del ruolo dei gruppi dirigenti. È una reazione non solo sacrosanta ma anche estremamente positiva, nella quale vediamo emergere non solo lo sconforto, ma anche tanta voglia di continuare, di rialzare la testa e cercare una nuova strada. Ci sono compagni che stanno chiedendo ora la tessera del partito quando magari in precedenza non vedevano il motivo di aderire a una forza che pareva, ed era, completamente invischiata nella palude governista. Su questa reazione è possibile costruire un nuovo inizio, una “nuova Rifondazione”, della quale ci sentiamo pienamente partecipi e alla quale vogliamo dedicare tutte le nostre energie, a partire dal congresso imminente. Ma per poter ricominciare, è necessario rimuovere le macerie. Il gruppo dirigente deve essere cambiato, chi è responsabile della sconfitta si faccia da parte e, semmai, si metta a disposizione. Chi ha demolito il partito non ha alcuna autorità per dare lezioni su quale debba essere il futuro della sinistra, né tantomeno per insistere su una linea liquidatoria e suicida. Non si tratta solo di rimuovere una “cupola”, ma di ricreare un serio modello di militanza e di discussione politica che dia a tutti coloro, e sono migliaia, che non sono disposti a gettare la spugna, gli strumenti per tornare a costruire quel radicamento operaio indispensabile a un partito che non voglia essere vittima delle mode, dell’istituzionalismo, delle passerelle mediatiche e di tutte le degenerazioni che ci hanno condotto fin qui. C’è naturalmente chi non vuole imparare neppure dalle evidenze più palmari. Marco Revelli, ad esempio, che pur non essendo iscritto al Prc è stato un punto di riferimento ideologico di tanta parte dei suoi dirigenti, nel valutare le elezioni propone le seguenti riflessioni sulla Lega. La Lega, dice, conquista il voto popolare grazie alla sua presenza sistematica nelle periferie e al suo radicamento sociale. Giusto. Subito dopo, però, Revelli ripropone il vecchio ritornello sulla necessità di superare la forma partito. Ma come non vedere che se c’è in Italia un partito che ha perseguito sistematicamente l’idea del “partito pesante”, centralizzato, radicato, questo è precisamente la Lega? Certo, la Lega pone quel modello al servizio della reazione; non per questo la lezione perde di importanza. La volontà di riscatto che anima la parte più vitale del Prc deve essere la base per una elaborazione politica e teorica all’altezza della sfida. I circoli, le federazioni, i gruppi dirigenti del Prc devono diventare luoghi di dibattito politico serio, di indagine approfondita sulle condizioni di lavoro e di vita di quei milioni di lavoratori che percepiscono la sinistra come sideralmente lontana dai loro bisogni. Dobbiamo aprire, o riaprire, una discussione seria sulle esperienze storiche del movimento operaio e comunista, sulle basi teoriche del marxismo, sulle esperienze di punta della lotta di classe a livello internazionale, a partire da quelle latinoamericane, che oggi possono aiutarci a riproporre la questione del superamento del capitalismo e di una società socialista basata sui bisogni e non sul profitto. Su queste basi, in un partito che ponga al centro la militanza e lo spirito di sacrificio, sarà allora possibile anche parlare di una vera democrazia interna, di controllo della base sui vertici, della formazione di una nuova generazione di quadri e di militanti. Il fatto che l’Arcobaleno abbia ricevuto in molte elezioni amministrative un voto significativamente più alto che nelle politiche conferma che i voti non si sono solo persi verso l’astensione o la destra, ma che una quota cospicua è andata al “voto utile” (rivelatosi inutile) per il Partito democratico. Non dubitiamo che vi sarà chi impugnerà questi dati per “dimostrare” come la rottura col Pd sia la causa della sconfitta e che è quindi indispensabile ricucire i rapporti con Veltroni. Si scorda che ben prima del nostro elettorato, a cedere al richiamo del voto utile e del “meno peggio” è stato l’intero gruppo dirigente, che per ben due anni ha ingoiato rospi a vagonate in nome della difesa del governo Prodi. Oggi potrebbe sembrare che, con il partito fuori dal parlamento, il problema dei rapporti col Pd sia secondario, ma non è così. Innanzitutto, continuamo a governare col Pd in regioni e comuni di ogni dimensione. Basta dare un’occhiata al tracollo dei nostri voti in Campania per vedere la fine ingloriosa di 15 anni di collaborazione con Bassolino. Anche fuori dal parlamento, il problema politico di fondo rimane aperto. Dobbiamo scegliere tra chi pensa che la sinistra debba comunque, in un modo o nell’altro, costruirsi in una logica di alleanza col Pd, di fronte comune contro le destre, in sostanza di proseguire sulla strada degli scorsi anni, e chi invece ritiene che la natura padronale e confindustriale del Pd ne faccia un nostro avversario strategico. Noi siamo, da sempre e con nettezza, su questa seconda posizione. Non si ricostruirà mai una sinistra di classe, reale espressione dei lavoratori, con un consenso di massa, fino a quando non si romperà definitivamente questo cordone ombelicale. Sappiamo bene che non basta agitare slogan o parole d’ordine di sinistra, per quanto corrette, per risalire la china. Le condizioni obiettive, il maturare della coscienza delle masse, ha le sue regole e i suoi tempi che non dipendono principalmente dall’azione di un partito, per giunta piccolo, ma dipendono soprattutto dagli avvenimenti, dall’esperienza viva che milioni di lavoratori compiono ogni giorno. Per rompere la presa della destra nel nostro paese e il duopolio Pd-Pdl non basteranno tante belle parole, ma sarà necessario un forte movimento di massa dei lavoratori, che ne scuota l’egemonia nella società, che faccia emergere un punto di riferimento forte sul quale una prospettiva comunista possa trovare credibilità e autorità. Un movimento del genere è implicito nella situazione creatasi, ma non per questo si materializzerà domani mattina. Al contrario, proprio per la profondità dello shock e per l’accumulo di pressioni di ogni tipo (economica, ideologica, politica) che graveranno sulla classe operaia, sarà necessario un lasso di tempo imprevedibile ma probabilmente non brevissimo prima che questa situazione di frustrazione e confusione esploda in una mobilitazione di massa e in un nuovo protagonismo operaio e giovanile. Proprio per questo siamo convinti che quando accadrà, assumerà forme estremamente radicali e conflittuali come da tempo non si vede nel nostro paese. Questo non significa che ci siederemo ad aspettare tempi migliori. Al contrario, questa fase difficile deve essere attraversata fino in fondo, in tutte le sue pieghe, dobbiamo usare le difficoltà attuali per imparare a calarci nel profondo delle contraddizioni, per partecipare passo per passo a questa traversata, per far crescere un nuovo tipo di militante operaio, comunista, che rompa oggi con il lascito fallimentare della stagione del governismo e della liquidazione politica e ideologica, per potere domani svolgere un ruolo di primo piano nel riscatto che tutti insieme prepareremo.
Due sono i punti da mettere al centro: la vittoria netta delle destre, contro tutte le ipotesi di “rimonta” e di “pareggio” e la scomparsa della sinistra dal parlamento. Le elezioni sono un indicatore fra altri, non l’unico e non necessariamente quello decisivo, della situazione politica. Tuttavia dei risultati così netti dicono molto sui processi avvenuti in questi anni. La nettezza della vittoria di Berlusconi si accompagna a una radicalizzazione a destra che si esprime nel voto alla Lega e alla Destra di Storace. In questo risultato sicuramente la parte del leone l’hanno fatta i due anni di governo Prodi e il rapido deteriorarsi delle condizioni sociali, di vita e di lavoro di milioni di persone. Tuttavia non possiamo nasconderci che in questo voto si manifestano anche processi di più lungo periodo. La crescita del voto operaio alla Lega, che torna a mietere consensi anche in zone come l’Emilia Romagna, unito a una crescita dell’astensionismo in molte zone operaie, è un segnale che deve far riflettere, così come il successo dell’Italia dei valori, che rappresenta l’anima più demagogica e reazionaria dell’alleanza guidata da Veltroni. Non è solo voto di protesta, è anche il frutto di un lungo lavoro di “semina”compiuto dalla Lega, spesso in collaborazione competititva con i neofascisti di Forza Nuova. Per anni il veleno razzista è stato disseminato nella società senza trovare una risposta forte e convincente da parte della sinistra e con l’accondiscendenza delle forze che poi hanno costituito il Pd. Più volte, assieme ad altri, ci siamo trovati a lanciare allarmi in questo senso dopo aver dovuto fronteggiare sul campo, in condizioni di estrema difficoltà, le campagne razziste come nei casi di Sassuolo, Opera, Pavia e tanti altri. Oggi vediamo il risultato. Se la destra razzista che frequenta quotidianamente i quartieri periferici mentre la sinistra lancia appelli alla fraternità dai salottini di Via Veneto, come stupirsi di questi numeri? La classe operaia, si dice, ha abbandonato la sinistra. Sì, almeno in larga parte. Ma solo perché prima la sinistra ha drammaticamente abbandonato la classe operaia a se stessa. Un ulteriore elemento da segnalare è il voto alla Destra, che si segnala per la sua forte componente giovanile. Paragonando il voto di Camera e Senato, emerge chiaramente come fra i giovani al di sotto dei 25 anni il partito di Storace raccolga ben 200mila voti in più, per un totale di 885mila (2,4%); è il partito che in proporzione al proprio elettorato ha il maggior voto giovanile. Su queste basi e con un contesto economico in rapido peggioramento, la rotta del governo è già tracciata. Berlusconi parla chiaramente di “misure impopolari” e i padroni si preparano a incassare.Commentando l’esito elettorale, Montezemolo ha espresso la sua soddisfazione per la “maggioranza chiara e netta che permette una piena governabilità” per approvare le “riforme necessarie e ineludibili”. Ha inoltre salutato con sincero entusiasmo “la netta sconfitta delle forze politiche portatrici di una cultura anti-impresa, anti-mercato e anti-sviluppo”. Emma Marcegaglia, neo presidente di Confindustria, chiede “segnali immediati” per le imprese. Non è difficile immaginare cosa intendano, il “decalogo” stilato da Confindustria durante la campagna elettorale è una nuova dichiarazione di guerra ai lavoratori e allo Stato sociale e in cima alla lista ci sarà la demolizione del contratto nazionale di lavoro. Su questo punto i padroni passeranno immediatamente all’offensiva e Montezemolo ha già dichiarato che “gli accordi si fanno con chi ci sta”. Il messaggio per la Cgil è chiaro: o vi piegate, o vi emargineremo. Non abbiamo dubbi su quale sarà la scelta di Epifani, l’apparato della Cgil non è certo disposto a chiamare le masse in piazza come fece nel 2002-2003 per l’articolo 18. Piuttosto è da attendersi un nuovo giro di vite interno contro la Fiom e le opposizioni di sinistra. Il “rischio terrorismo” viene già sbandierato dagli editorialisti della grande stampa come il prossimo nemico. In assenza di riferimenti parlamentari, temono, le proteste di piazza potrebbero degenerare nella violenza! Prepariamoci, quindi, a nuove campagne d’odio contro tutti coloro che oseranno levare la voce contro gli inevitabili cedimenti di Epifani e compagnia. Con una destra saldamente al governo e con un Pd a fare un “opposizione” che su molti temi potrebbe avere posizioni persino più liberiste e filopadronali di Tremonti, con una burocrazia sindacale in ginocchio e una sinistra a pezzi, è fin troppo facile capire che sui lavoratori si scaricherà una pressione pesantissima. Dobbiamo esserne coscienti, si preparano tempi molto duri. La possibililtà di esplosioni della lotta di classe sono implicite, ma dobbiamo sapere che la ripresa delle mobilitazioni si dovrà fare strada in una situazione politica e sociale assai difficile. Sarà una dura scuola. La sconfitta dell’Arcobaleno produrrà una severa selezione a tutti i livelli. Non parliamo qui di quei dirigenti dei Verdi e di Sinistra democratica che già si preparano a veleggiare verso il Partito democratico o i socialisti, che saluteremo senza alcun rimpianto. Parliamo della crisi del Prc, che è l’epicentro della crisi della sinistra. In queste ore stiamo verificando che nella base del partito si sta producendo un forte sussulto, una reazione che non è solo di rabbia. Tanti compagni e compagne sono costretti dalla sconfitta a un riesame severo della politica del partito, del suo funzionamento, del ruolo dei gruppi dirigenti. È una reazione non solo sacrosanta ma anche estremamente positiva, nella quale vediamo emergere non solo lo sconforto, ma anche tanta voglia di continuare, di rialzare la testa e cercare una nuova strada. Ci sono compagni che stanno chiedendo ora la tessera del partito quando magari in precedenza non vedevano il motivo di aderire a una forza che pareva, ed era, completamente invischiata nella palude governista. Su questa reazione è possibile costruire un nuovo inizio, una “nuova Rifondazione”, della quale ci sentiamo pienamente partecipi e alla quale vogliamo dedicare tutte le nostre energie, a partire dal congresso imminente. Ma per poter ricominciare, è necessario rimuovere le macerie. Il gruppo dirigente deve essere cambiato, chi è responsabile della sconfitta si faccia da parte e, semmai, si metta a disposizione. Chi ha demolito il partito non ha alcuna autorità per dare lezioni su quale debba essere il futuro della sinistra, né tantomeno per insistere su una linea liquidatoria e suicida. Non si tratta solo di rimuovere una “cupola”, ma di ricreare un serio modello di militanza e di discussione politica che dia a tutti coloro, e sono migliaia, che non sono disposti a gettare la spugna, gli strumenti per tornare a costruire quel radicamento operaio indispensabile a un partito che non voglia essere vittima delle mode, dell’istituzionalismo, delle passerelle mediatiche e di tutte le degenerazioni che ci hanno condotto fin qui. C’è naturalmente chi non vuole imparare neppure dalle evidenze più palmari. Marco Revelli, ad esempio, che pur non essendo iscritto al Prc è stato un punto di riferimento ideologico di tanta parte dei suoi dirigenti, nel valutare le elezioni propone le seguenti riflessioni sulla Lega. La Lega, dice, conquista il voto popolare grazie alla sua presenza sistematica nelle periferie e al suo radicamento sociale. Giusto. Subito dopo, però, Revelli ripropone il vecchio ritornello sulla necessità di superare la forma partito. Ma come non vedere che se c’è in Italia un partito che ha perseguito sistematicamente l’idea del “partito pesante”, centralizzato, radicato, questo è precisamente la Lega? Certo, la Lega pone quel modello al servizio della reazione; non per questo la lezione perde di importanza. La volontà di riscatto che anima la parte più vitale del Prc deve essere la base per una elaborazione politica e teorica all’altezza della sfida. I circoli, le federazioni, i gruppi dirigenti del Prc devono diventare luoghi di dibattito politico serio, di indagine approfondita sulle condizioni di lavoro e di vita di quei milioni di lavoratori che percepiscono la sinistra come sideralmente lontana dai loro bisogni. Dobbiamo aprire, o riaprire, una discussione seria sulle esperienze storiche del movimento operaio e comunista, sulle basi teoriche del marxismo, sulle esperienze di punta della lotta di classe a livello internazionale, a partire da quelle latinoamericane, che oggi possono aiutarci a riproporre la questione del superamento del capitalismo e di una società socialista basata sui bisogni e non sul profitto. Su queste basi, in un partito che ponga al centro la militanza e lo spirito di sacrificio, sarà allora possibile anche parlare di una vera democrazia interna, di controllo della base sui vertici, della formazione di una nuova generazione di quadri e di militanti. Il fatto che l’Arcobaleno abbia ricevuto in molte elezioni amministrative un voto significativamente più alto che nelle politiche conferma che i voti non si sono solo persi verso l’astensione o la destra, ma che una quota cospicua è andata al “voto utile” (rivelatosi inutile) per il Partito democratico. Non dubitiamo che vi sarà chi impugnerà questi dati per “dimostrare” come la rottura col Pd sia la causa della sconfitta e che è quindi indispensabile ricucire i rapporti con Veltroni. Si scorda che ben prima del nostro elettorato, a cedere al richiamo del voto utile e del “meno peggio” è stato l’intero gruppo dirigente, che per ben due anni ha ingoiato rospi a vagonate in nome della difesa del governo Prodi. Oggi potrebbe sembrare che, con il partito fuori dal parlamento, il problema dei rapporti col Pd sia secondario, ma non è così. Innanzitutto, continuamo a governare col Pd in regioni e comuni di ogni dimensione. Basta dare un’occhiata al tracollo dei nostri voti in Campania per vedere la fine ingloriosa di 15 anni di collaborazione con Bassolino. Anche fuori dal parlamento, il problema politico di fondo rimane aperto. Dobbiamo scegliere tra chi pensa che la sinistra debba comunque, in un modo o nell’altro, costruirsi in una logica di alleanza col Pd, di fronte comune contro le destre, in sostanza di proseguire sulla strada degli scorsi anni, e chi invece ritiene che la natura padronale e confindustriale del Pd ne faccia un nostro avversario strategico. Noi siamo, da sempre e con nettezza, su questa seconda posizione. Non si ricostruirà mai una sinistra di classe, reale espressione dei lavoratori, con un consenso di massa, fino a quando non si romperà definitivamente questo cordone ombelicale. Sappiamo bene che non basta agitare slogan o parole d’ordine di sinistra, per quanto corrette, per risalire la china. Le condizioni obiettive, il maturare della coscienza delle masse, ha le sue regole e i suoi tempi che non dipendono principalmente dall’azione di un partito, per giunta piccolo, ma dipendono soprattutto dagli avvenimenti, dall’esperienza viva che milioni di lavoratori compiono ogni giorno. Per rompere la presa della destra nel nostro paese e il duopolio Pd-Pdl non basteranno tante belle parole, ma sarà necessario un forte movimento di massa dei lavoratori, che ne scuota l’egemonia nella società, che faccia emergere un punto di riferimento forte sul quale una prospettiva comunista possa trovare credibilità e autorità. Un movimento del genere è implicito nella situazione creatasi, ma non per questo si materializzerà domani mattina. Al contrario, proprio per la profondità dello shock e per l’accumulo di pressioni di ogni tipo (economica, ideologica, politica) che graveranno sulla classe operaia, sarà necessario un lasso di tempo imprevedibile ma probabilmente non brevissimo prima che questa situazione di frustrazione e confusione esploda in una mobilitazione di massa e in un nuovo protagonismo operaio e giovanile. Proprio per questo siamo convinti che quando accadrà, assumerà forme estremamente radicali e conflittuali come da tempo non si vede nel nostro paese. Questo non significa che ci siederemo ad aspettare tempi migliori. Al contrario, questa fase difficile deve essere attraversata fino in fondo, in tutte le sue pieghe, dobbiamo usare le difficoltà attuali per imparare a calarci nel profondo delle contraddizioni, per partecipare passo per passo a questa traversata, per far crescere un nuovo tipo di militante operaio, comunista, che rompa oggi con il lascito fallimentare della stagione del governismo e della liquidazione politica e ideologica, per potere domani svolgere un ruolo di primo piano nel riscatto che tutti insieme prepareremo.
1 commento:
In risposta ad un post del blog di Pecoraro Scanio "Continuiamo a lavorare" ho composto una forte autocritica che potrebbe valere anche per le altre formazioni. Serve una sinistra che si ripensa, l'unione di tutti i partiti comunisti in un unico soggetto, un soggetto come il PCI di Berlinguer federato con i verdi, questa potrebbe essere la soluzione, indubbiamente tutte le formazioni devono rinascere e radicarsi sul territorio. Ecco la mia risposta al post sopraindicato ancora in moderazione (chi lo sa se lo faranno apparire):
"Abbiamo sbagliato tutto. Non siamo stati in grado di capire che il sistema partitico attuale non funziona più. Prima di parlare di democrazia in Italia bisogna riformare i partiti e farli diventare più democratici e aperti alla partecipazione popolare. Dobbiamo chiederci se noi ce lo meritiamo in fondo il voto, e che cosa facciamo di concreto per meritarcelo. La campagna elettorale è partita già in perdita a partire dal leader, doveva essere deciso con delle primarie fatte magari tra tesserati, visto che c'era poco tempo. Serviva un leader donna (come la Frassoni ad esempio) per dimostrare che noi veramente siamo aperti alle pari opportunità. Nulla da dire sulle capacità politiche di Bertinotti, però l'età conta molto, in quanto un 40-50enne preparato (e ce ne sono molti), ha molta più grinta e da migliori aspettative per il futuro. E' necessario riconsiderare le dirigenze dei partiti, e riconsiderarle attraverso delle primarie, non a pagamento, aperte a tutti i cittadini che considerano la difesa dell'ambiente e un nuovo modello di società decrescente come priorità. SA ha dato l'impressione generale di essere un qualcosa di vecchio. L'aspetto positivo di tutto ciò è che forse ritorneremo a parlare di cittadini e di contenuti, non di cosa fare per ottenere il consenso, ma di cosa fare per migliorare la vita dei cittadini. La società è evoluta, la letteratura odierna descrive i meccanismi contorti di una classe politica ormai facente parte dell'ancien regime. Non do tutti i torti a Veltroni per quanto riguarda il metodo. Almeno apparentemente il Pd ha dato l'impressione di aprirsi alla società civile e di cercare di rispondere a tutti e non solo ad una parte dei cittadini.
Ho assistito tristemente all'allontanamento delle associazioni nel momento nel quale sono stati decisi candidati e leadersheep, associazioni che credono fortemente in un nuovo modo di fare politica richiedendo l'ampia partecipazione della base e dei simpatizzanti, e invece neanche la base è stata consultata. L'elettorato di sinistra è un elettorato esigente e molto preparato culturalmente in genere, impossibile ingannarlo. Quanti vagavano incerti non riconoscendosi più nel progetto della sinistra e dei verdi. Eppur basterebbe poco per uscire dal fango, basterebbe imbracciare gli scritti di Alexander Langer, un esempio: http://www.alexanderlanger.org/cms/index.php?r=1&k=145&id=1147 e alcuni testi di Enrico Berlinguer ad es: http://www.metaforum.it/berlinguer/questionemorale.htm Solo così si riuscirà a creare un alleanza nuova. Sarà necessario quanto prima rimettere in gioco l'organizzazione del partito e la nomina delle dirigenze che devono essere radicate nel territorio e soprattutto iniziare a premiare il merito di chi si impegna e che potrà esprimere una buona e democratica dirigenza del movimento prima di procedere ad una fusione . Lo stesso si deve fare da sinistra, non è possibile che esistano 5 partiti comunisti e se non riescono a mettersi d'accordo tra di loro come facciamo a pensare di unirci noi? Dobbiamo smettere di partecipare ai salotti e dobbiamo camminare per strada parlare do politiche a rifiuti Zero come San Francisco, organizzarci con agricoltori e cittadini per eliminare troppi passaggi commerciali che fanno lievitare i prezzi e aumentare i trasporti. Non importa se non siamo a palazzo, la politica la determinano i cittadini come l'offerta è determinata dalla domanda. Il vero voto si da con i comportamenti virtuosi di tutti i giorni e di tutti i cittadini. In Italia le classi dirigenti poco hanno fatto per determinare una cultura responsabile e di rispetto dell'ambiente e degli altri. Prevale la cultura del più forte, del trasgressore delle regole che si erge a esempio verso gli altri. La nostra missione deve essere quella di infondere una cultura del rispetto verso tutto ciò che ci circonda, fare delle proposte serie e iniziare ad attuare progetti dalla base, cioè a partire da piccole comunità e diffonderle via via in ogni luogo d'Italia. Abbiamo davanti un occasione unica per concentrarci sulle attività da fare, e come degli agricoltori dobbiamo seminare per raccogliere nell'immediato futuro. Dobbiamo pungolare le nuove classi dirigenti in parlamento non importa siano essi di destra o di sinistra, l'importante è che si diffonda nella società un senso di responsabilità. C'è un solo modo di ripartire ed è quello di rimettersi in gioco, soprattutto voi che dirigete prendetevi le responsabilità del caso per uscirne a testa alta e riiniziare a costruire i tasselli di un partito che sia il partito del futuro prossimo, per tutelare soprattutto coloro che credono fortemente nel movimento ambientalista e che per esso si spendono tutti i giorni e gratuitamente molto spesso. Il congresso dovrebbe arrivare il prima possibile per evitare la diaspora di questi militanti che fanno veramente fatica a riconoscersi. Portarlo troppo in la con il tempo potrebbe rivelarsi come un vero macigno per il movimento tutto."
"
Posta un commento