1074 VOLTE GRAZIE MIGLIONICO

1074 VOLTE GRAZIE MIGLIONICO

martedì 23 dicembre 2008

Tre mozioni del PRC contro la finanziaria regionale

“Le ultime vicende giudiziarie, al di là dell’ esito delle inchieste che avrà altre sedi di risoluzione, rappresentano solo il punto finale del fallimento di un progetto politico, e di un sistema di potere, con elementi di trasversalità tra centrosinistra e centrodestra, che ha operato esclusivamente in una logica di occupazione e riproduzione del potere”. Lo affermano, in un comunicato stampa a firma congiunta, Angela Lombardi (mozione 1), Donato Marone, (mozione 3), Antonio Centonze (mozione 4) del Prc.
“Noi crediamo – affermano i 3 esponenti di Rifondazioen comunista - che bisogna lavorare ad un altro modello politico e sociale che rimetta al centro i diritti e il territorio come bene comune. Un altro progetto di società che è possibile se recuperiamo a partire da quello che facciamo la fiducia di quegli uomini e donne che la crisi la pagano già e continueranno a pagarla. Per questo non condividiamo la decisione della segreteria regionale del PRC di esprimere voto favorevole alla finanziaria regionale. Nel merito la manovra, è in continuità con le politiche di questa regione deboli ed inadeguate nei confronti dei ceti popolari. E’ inoltre un pessimo segnale di distanza da cittadini che hanno sentito i dirigenti di rifondazione dire che si sarebbero collocati all’opposizione di questo centro sinistra ma che hanno sempre dato il loro assenso, con elementi di ambiguità evidenti, alle finanziarie regionali. Pensiamo che il PRC debba misurarsi con una opposizione sociale che pure è possibile in questa regione, basti partire dall’attenzione che hanno avuto i GAP nei quartieri popolari e nelle fabbriche. La voglia di partecipazione e di autorganizzazione sociale c’è ed è da lì che costruiamo risposte alternative”.
Per i tre esponenti del Prc lucano “c’è la necessità di dare vita ad un'alternativa la quale non può essere rappresentata da risposte nate e maturate all'interno di segreterie di partito, scollegate persino dal partito stesso locale e nazionale. Non è un caso che il CPN (Comitato Politico Nazionale) la scorsa settimana ha votato un ordine del giorno in cui si chiarisce che Rifondazione sarà presente con sue liste autonome (niente biciclette o tricicli) in tutti i comuni sopra i 15 mila abitanti e alle provinciali. Per questo nonostante la segreteria regionale ci collochiamo all’opposizione delle scelte della giunta qualunque essa sia di De Filippo. Per questo continueremo a lavorare perché l’opposizione sociale in questa regione sia in grado di rappresentare sé stessa. Per questo sosteniamo con forza la decisione del CPN del PRC e saremo presenti alle prossime elezioni con liste autonome di rifondazione aperte ovviamente a quanti si battono per una alternativa di società. Non crediamo sia all’ordine del giorno un nuovo centrosinistra, perché non arrivano dal PD segnali di autocritica sulle politiche che fin qui sono state costruite, tutt’altro. Per questo lavoriamo ad aprire un dibattito vero che ricollochi il partito fuori da questo miracolo antisociale che è stato il modello lucano”.

venerdì 19 dicembre 2008

Inchieste giudiziarie: documento segreteria regionale PRC su questione morale

“ E’ FINITO UN CICLO POLITICO, SERVE DISCONTINUITA “

Rifondazione comunista in questi anni ha insistito ripetutamente sul tema della questione morale, quale questione prioritaria della riforma della politica nel Mezzogiorno e in Basilicata in particolare. E lo ha fatto con coerenza, sul terreno politico, ponendo sempre l’accento sulla connessione fra questione morale e questioni sociali. Povertà, emigrazione giovanile, disoccupazione, precarietà, da un lato, e sfruttamento delle risorse dall’altro, hanno determinato un contesto di passivizzazione e di vera e propria neocolonizzazione, fenomeni che abbiamo sempre messo in relazione con la crisi organica e generalizzata delle classi dirigenti regionali e del Mezzogiorno. Un groviglio in cui la politica e le istituzioni hanno perduto la loro natura di programmazione e di amministrazione del bene comune, divenendo spesso strumenti di interesse e di accumulazione particolare. La mercificazione e la privatizzazione ha attraversato ogni spazio sociale, anche la politica. Gran parte della classe dirigente meridionale oggi è prigioniera di un meccanismo che spinge a cercare il necessario consenso politico facendosi tramite del fiume delle sovvenzioni statali e europee. Il risultato è che una parte molto consistente di questi fondi non serve ad accrescere produttività sociale, a creare economia, lavoro, servizi più moderni, ma ad arricchire ceti parassitari e mestieri protetti: e la povera gente paga un prezzo enorme e crescente. Anche in Basilicata è accaduto questo, con maggioranze politiche ed elettorali che hanno esercitato un rapporto totalizzante con la società e l’economia, anche attraverso l’esclusione della sinistra alternativa dal governo regionale. La vicenda del petrolio è alla radice della questione morale in questa regione e le ultime vicende giudiziarie, a prescindere dai successivi sviluppi, possono rappresentare un campanello di allarme. Non solo per la mole di interessi e affari che si sono dipanati ai danni dell’ambiente e del territorio, e non solo per le responsabilità politiche che si sono consumate in questa vicenda; una questione su tutte, la vergognosa gestione complessiva delle trattative con l’Eni prima e con la Total poi. Basti pensare che fino al 2003 per il gas prelevato dai pozzi di petrolio la regione ha “dimenticato” di richiedere i compensi dovuti dalle multinazionali. Ma quel che è peggio, è che in questi anni mentre le multinazionali trivellavano questa terra, traendone profitti milionari, migliaia di ragazzi e di ragazze sono stati costretti ad emigrare verso il nord, in cerca di un lavoro precario, senza futuro. Questa è per noi innanzitutto la questione morale. La desertificazione prodotta in questi anni da una classe dirigente che non ha avuto un pensiero e uno sguardo sul destino della Basilicata e del Mezzogiorno. Oggi si impone la scelta di porre mano alla costruzione di un modello di avanzamento economico e civile. Dal Mezzogiorno deve ripartire il metodo della programmazione democratica in senso partecipativo delle risorse pubbliche europee, nazionali, regionali, delle politiche per il lavoro, l’ambiente, la formazione, l’energia, la salute. Un Mezzogiorno liberato dai “pesi della Storia”, necessita di un rinnovamento profondo e democratico delle classi dirigenti. Rifondazione Comunista in questi anni ha detto e scritto queste cose in solitudine, anche con atti di rottura come quello di uscire dalla maggioranza regionale due anni fa, attirandosi antipatie da opposte parti politiche. Oggi testardamente e coerentemente vogliamo rilanciarle perché vogliamo che si apra una discussione vera, che coinvolga tutta la società lucana, i partiti, le forze sociali, i movimenti, perché lo snodo di questa grave crisi sociale e politica è il destino di questa regione. E’ innanzitutto la politica a dovere fare i conti con se stessa, con una difficile quanto dirompente necessità di profonda riforma. Noi non siamo fra quelli che si esaltano “al tintinnar delle manette”. Al contrario, pensiamo che la questione morale non vada delegata al potere giudiziario, e che una nuova stagione giustizialista debba essere scongiurata, perché quando questo è accaduto, nella recente storia di questo paese, l’antipolitica che ne è scaturita ha determinato una cultura populista e della personalizzazione che ha aperto la strada ad un ciclo di egemonia delle destre sulla scena sociale. Di fronte ai fatti che afferiscono a nuove vicende giudiziarie che coinvolgono in queste ore diversi esponenti del Pd lucano, ci auguriamo innanzitutto uno sviluppo rapido delle indagini in modo da fare la massima chiarezza sulle presunte responsabilità politiche. E’ nostra opinione che in Basilicata, come in altre regioni del Mezzogiorno, si sia giunti alla fine di un ciclo politico e che pertanto occorra produrre degli atti conseguenti nella direzione di una riforma della politica e delle modalità dell’agire politico. Poniamo con determinazione la necessità di una rottura di discontinuità sul terreno del governo democratico delle risorse, su quello programmatico e delle classi dirigenti, come questione discriminante sul terreno politico e istituzionale, anche in relazione alle prossime scadenze amministrative e alla crisi che investe la maggioranza in consiglio regionale. Bisogna produrre un profondo cambiamento. Solo così si potrà determinare una risposta alla crisi sociale, economica, politica che investe questa regione, e che ha posto in evidenza il fallimento di un modello di sviluppo che con l’affare del petrolio rischia di affondare questa regione.

mercoledì 17 dicembre 2008

Basilicata, inchieste dimostrano fallimento classe politica. PRC da sempre in prima linea nelle denunce.

L’inchiesta giudiziaria che in queste ore riguarda anche la regione Basilicata parla con forza di quella crisi delle classi dirigenti che il Prc locale e nazionale da anni sottolineano. Senza entrare nel merito delle vicende giudiziarie, abbiamo il dovere di riflette sul modello politico sociale lucano costruito in questi dieci anni. L’intreccio tra politica e poteri forti consiste nella scelta politica di consegnare il territorio alla rapina delle multinazionali, non solo quelle petrolifere. Questo emerge dalle inchieste ma anche dal fallimento sociale di scelte che non hanno prodotto alcun “miracolo lucano” e di accordi privi del consenso popolare locale. Siamo dunque di fronte al fallimento di una politica di cui si è fatto interprete soprattutto il centro sinistra in un gioco di cooptazioni con il centrodestra. Ora la politica locale avrebbe il dovere di riflettere appunto sulla sua crisi e sul fallimento del modello che ha perseguito, invece si arrocca in una sua autodifesa e urla al complotto. Il Prc della Basilicata non ha altra strada se non quella di continuare nella costruzione di una opposizione politica e sociale che rimetta al centro la questione morale e la necessità di autoriforma della politica, la centralità dei diritti di lavoratori, giovani e disoccupati, la valorizzazione del territorio. Questi gli elementi necessari per una discontinuità non più rinviabile pure in Basilicata.

Paolo Ferrero
Segretario Nazionale PRC

Tolleranza Zero contro i mariuoli in Politica

La Basilicata celebrata con ottimismo tanto fatuo quanto irresponsabile come isola felice, viene travolta dall’ennesimo scandalo, annunciato e puntualmente avveratosi. Ricordiamo che in questi anni sull’accordo tra la total e la regione si sono consumate le lotte delle associazioni ambientaliste e dello stesso PRC che denunciavano di questa intesa i pericoli della poca trasparenza, dell’incompatibilità ambientale e soprattutto ne contestavano il furto di risorse senza nessun ritorno per la Basilicata. Senza entrare sulla questione giudiziaria, visto che siamo solo ad un ipotesi accusatoria, è doveroso comunque fare una riflessione politica sul quadro che esce non solo da questa inchiesta ( vedi Toghe lucane e Felandina) che pone al centro del dibattito politico regionale la questione morale, problema non più rinviabile, e questo non avendo paura di essere tacciati di moralismo né di giustizialismo, convinti come siamo che la questione non attiene soltanto alla sfera etica ma anche e soprattutto a quella economico sociale. Queste inchieste hanno messo in luce uno scambio politico- affaristico che intreccia interessi delle Lobbies con quelli politici tesi ad incrementare le proprie ricchezze svendendo il territorio in un contesto di disoccupazione, precarietà, deficit di autonomia, povertà che schiacciano soprattutto i giovani, le donne, gli anziani insieme all’ identità, alle tradizioni e al senso comunitario ( la classe dirigente lucana decide ormai solo sulla base delle convenienze proprie delle multinazionali, la destinazione e l’uso del nostro territorio e delle nostre risorse naturali). E dato che, come diceva E. Berlinquer, non è solo una questione di ladri e corrotti che vanno scovati denunciati e messi in galera, ma è anche l’occupazione militare del potere, il furto i legalità e opportunità dei diritti ai giovani che vengono mortificati nei vari concorsi farsa dove conta la tessera di partito al merito, l’utilizzo di quote di spesa pubblica che vengono investite nella produzione di consenso, con il solo scopo di incrementare la produttività elettorale, con evidenti danni sia alla sviluppo che a una sana democrazia. Per il PRC della provincia di Matera è arrivato il momento di dire basta, consapevoli che non è sufficiente la sola sterile denuncia, ma bisogna da oggi impegnarsi in azioni di lotta politica che mettono al centro del dibattito politico il corretto utilizzo delle risorse e il primato della legalità senza se e senza ma. Cominciando a dire che si faranno alleanze solo con liste che non abbiano tra i candidati politici coinvolti o rinviati a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione .Consapevoli che solo questo non basta ma bisogna pur cominciare per dare un segnale forte ed inequivocabile alla pubblica opinione che si comincia la politica della tolleranza zero contro i mariuoli in politica.


Ottavio Frammartino

Segretario prov. PRC Matera

Tangenti e oro nero. Arresti in Lucania - Liberazione 17/12/2008

Affari e politica, affaristi e politici. Il legame è noto, purtroppo, e si chiama mazzetta. Un giro di appalti che riguarda un settore che in Italia non è spesso citato, soprattutto in casi giudiziari: il petrolio. Un'inchiesta, quella del pm Henry John Woodcock (sì, è proprio quello del caso Corona), che ha portato ieri all'arresto dell'amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha e della messa agli arresti domiciliari del deputato Pd, Salvatore Margiotta. Oltre a loro, che sono i nomi di spicco, sono stati arrestati Jean Paul Juguet, responsabile Total del progetto "Tempa Rossa" (uno tra i più grandi giacimenti petroliferi della Basilicata); Roberto Pasi, responsabile dell'ufficio di rappresentanza lucano della Total e un suo collaboratore, Roberto Francini; l'imprenditore materano Francesco Ferrara e il sindaco di Gorgoglione, sempre in provincia di Matera, Ignazio Tornetta. Arresti eseguiti, tanto per rimanere nell'alveo dei nomi noti, dai carabinieri del Noe, guidati da quel capitan Ultimo (Sergio De Caprio) che arrestò Totò Riina. Le accuse su cui ruota l'indagine sono di corruzione, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d'asta (con riferimento specifico agli appalti dei lavori per le estrazioni petrolifere) e concussione. In sintesi, il pm ipotizza che l'imprenditore Ferrara avrebbe elargito somme di denaro ai politici indagati per favorirlo nella corsa ai bandi pubblici. In particolare, secondo l'accusa, Ferrara avrebbe dato a Margiotta 200mila euro in cambio della sua influenza di parlamentare e leader del Pd regionale usata per fare pressione ai dirigenti della Total, società titolare di una delle concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi della Val d'Agri, e per fornire informazioni privilegiate al gruppo di imprenditori.
Margiotta si è detto «fiducioso» sull'esito dell'inchiesta, ma nel frattempo si è autosospeso da ogni incarico esecutivo all'interno del Pd, sia a livello nazionale che regionale. «Lo stupore e l'amarezza sono enormi; più grande è la certezza di non avere commesso alcun reato. - ha detto il deputato - È questa consapevolezza che mi dà la forza di affrontare la sofferenza di questi momenti, e mi infonde fiducia: la verità non potrà che emergere, spero prestissimo». Oggi la giunta per le autorizzazioni della Camera dovrà decidere se avallare o meno la procedura degli arresti domiciliari per il deputato. «Abbiamo intenzione di chiedere altre carte ai magistrati di Potenza. Forse si sono dimenticati di inviarcene alcune perché, ad una prima e superficiale lettura dell'ordinanza, non mi sembra proprio che si precisi quale ruolo attivo avrebbe avuto Margiotta nell'eventuale alterazione dell'appalto» ha anticipato il deputato del Pdl Nino Lo Presti, componente della Giunta. Dalla Total invece non è giunto alcun commento su quanto accaduto: «C'è un'inchiesta in corso» si dice ai vertici.
Tornando all'inchiesta, e allargando il quadro, i pm potentini stanno lavorando su un'ipotesi di patto corruttivo da 15 milioni di euro fra i dirigenti della Total e gli imprenditori interessati agli appalti per l'estrazione petrolifera. I boss della multinazionale avrebbero favorito gli imprenditori della cordata capeggiata da Ferrara, in cambio dell'impegno a rifornirsi per 5 anni esclusivamente di carburanti e di oli lubrificanti della Total. I dirigenti della società petrolifera, inoltre, sono accusati, in concorso con un funzionario del Comune di Corleto Perticara, in cui ricadono gran parte dei giacimenti petroliferi, di aver imposto condizioni «capestro» di esproprio ad alcuni titolari dei terreni. Questi avrebbero dovuto accettare una somma di poco superiore a 6 euro al metro quadro, e quindi assolutamente «fuori mercato», per evitare di doversi accontentare di un'indennità di esproprio di soli 2 euro e 50 che, sostiene l'accusa, sarebbe stata concordata tra i manager Total e il funzionario comunale. Nel registro degli indagati anche un sindaco che avrebbe ricevuto, sempre dagli stessi dirigenti, periodiche somme di denaro, regali e un non meglio specificato oggetto prezioso. Lui, al pari degli altri politici e funzionari comunali indagati, avrebbe fatto da intermediario fra il gruppo Total e gli imprenditori locali. Lo stesso Ferrara, inoltre, avrebbe promesso di affidare ad una società di fatto gestita dal sindaco il servizio mensa per gli operai della sua impresa. Fra le altre cose, l'imprenditore Ferrara è indagato pure per violazione della legge sulla droga, sempre da parte della procura potentina. L'accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti.

martedì 16 dicembre 2008

Maria Campese - Segreteria Nazionale PRC - Territorio martoriato

"Dietro l'attacco ambientale portato avanti da anni contro una delle zone più belle e verdi della Basilicata, la Val d'Agri, si cela una ragnatela di malaffare": lo ha detto, in una dichiarazione, Maria Campese, segretaria nazionale di Prc per l'area territorio, ambiente e beni comuni. "L'inchiesta della procura di Potenza, che ha portato oggi all'arresto dell'amministratore delegato di Total Italia, Lioned Levha, e agli arresti domiciliari per il deputato del Pd Salvatore Margiotta - ha aggiunto - potrebbe mostrare cosa si nasconde dietro la depauperazione del territorio: un giro di tangenti e la rincorsa ai profitti leciti e illeciti da parte di imprenditori e politici senza scrupoli. La popolazione, le lavoratrici e i lavoratori della Val d'Agri, hanno dovuto subire in questi anni l'umiliazione di un territorio calpestato, sotto il costante ricatto del problema lavoro. Dovevano arrivare i posti, le misure per la sostenibilità ambientale, la formazione e lo sviluppo culturale. Ma il petrolio ha portato solo ad un maggiore inquinamento, il lavoro manca come prima e i giovani continuano ad emigrare, il territorio non ha ricevuto in cambio nemmeno le opere promesse e annunciate e la benzina non ha subito sconti. Dietro questa rapina del territorio si conferma purtroppo anche il dato di una classe politica staccata dalle esigenze reali del Paese, di un ceto di dirigenti che pensa più agli affari privati che agli interessi della collettività".

Perquisizione a casa del Presidente della Provincia di Matera, Carmine Nigro

L'abitazione e gli uffici del presidente della Provincia di Matera, Carmine Nigro (Popolari Udeur) sono stati perquisiti oggi nell'ambito dell'inchiesta coordinata dal pm di Potenza, Henry John Woodcock, sul "comitato d'affari" costituito per approfittare delle estrazioni petrolifere in Basilicata. E' stato portato via un computer e a Nigro è stata consegnata una informazione di garanzia che fa riferimento a presunte irregolarità nell'aggiudicazione, nel 2007, di un appalto per l'adeguamento della strada statale 175, finanziato con 18 milioni di euro e affidato all'associazione temporanea composta dalle imprese Ferrara, Polidrica e Giuzio: "Ho la massima fiducia nella magistratura", ha detto Nigro. E' stata perquisita anche l'abitazione del consigliere provinciale Nicola Montesano (Pd), che è agli arresti domiciliari.

Arrestato AD della Total - Arresti domiciliari per Margiotta (PD)

L'amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha, è stato arrestato oggi nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Potenza per tangenti sugli appalti per estrazione di petrolio in Basilicata: coinvolto anche il deputato del Pd Salvatore Margiotta, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. La misura di detenzione domiciliare per il parlamentare potrà, tuttavia, essere eseguita solo se la Camera dei Deputati darà l'autorizzazione. La relativa richiesta è stata presentata questa mattina. Le misure cautelari - in carcere per alcune persone, agli arresti domiciliari per altre - sono state disposte dal gip di Potenza Rocco Pavese, su richiesta del pm Henry John Woodcock, ed eseguite da Carabinieri del Noe guidati dal tenente colonnello Sergio De Caprio (il 'Capitano Ultimo' che arrestò Totò Riina) e personale della squadra mobile di Potenza, diretta da Barbara Strappato. Gli arresti sono stati fatti in gran parte a Roma, con la collaborazione della squadra mobile della Capitale e della polizia municipale di Potenza. La custodia in carcere riguarda, oltre all'ad di Total Levha, anche Jean Paul Juguet, responsabile Total del progetto "Tempa Rossa" (così si chiama uno tra i più grandi giacimenti petroliferi della Basilicata), attualmente all'estero; Roberto Pasi, responsabile dell'ufficio di rappresentanza lucano della Total e un suo collaboratore, Roberto Francini. E' stata anche disposta la detenzione in carcere dell'imprenditore Francesco Ferrara, di Policoro (Matera), e del sindaco di Gorgoglione (Matera) Ignazio Tornetta. Arresti domiciliari, invece, oltre che per l'on. Margiotta (la misura potrà essere eseguita solo se la Camera darà l'approvazione), anche per altre tre persone, e obbligo di dimora per altri cinque indagati. I reati contestati, diversi da persona a persona, sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d'asta (con riferimento specifico agli appalti dei lavori per le estrazioni petrolifere), corruzione e concussione. Il gip ha inoltre disposto varie perquisizioni, che sono tuttora in corso, e il sequestro di numerose società. Duecentomila euro: questa la somma che sarebbe stata promessa al deputato del Pd Salvatore Margiotta da Francesco Ferrara, uno degli imprenditori coinvolto nell'inchiesta sugli appalti per il petrolio in Basilicata, in cambio di un suo interessamento per favorirlo. E' l'accusa che il pm di Potenza Henry John Woodcock muove al parlamentare, per il quale è stata chiesta oggi alla Camera l'autorizzazione per gli arresti domiciliari. In particolare, secondo quanto si è appreso, Margiotta avrebbe fatto valere il suo potere e la sua influenza di parlamentare e di leader del Partito democratico della Basilicata per favorire l'aggiudicazione degli appalti alla cordata capeggiata da Ferrara. In questo senso si sarebbe impegnato a fornire informazioni privilegiate al gruppo di imprenditori e a fare pressioni sui dirigenti della Total, società titolare di una delle concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi della Val d'Agri, in Basilicata. Un patto corruttivo da 15 milioni di euro tra i dirigenti della Total, società titolare di concessione petrolifera in Basilicata, e gli imprenditori interessati agli appalti per le estrazioni. E' quanto si ipotizza nell'inchiesta della procura di Potenza che oggi ha portato in carcere, tra gli altri, l'ad di Total Italia, Lionel Levha ed alcuni dirigenti della società. In particolare, sempre secondo l'accusa, i dirigenti della società avrebbero favorito l'aggiudicazione degli appalti dei lavori per la realizzazione del Centro Oli di "Tempa Rossa" e per altre attività alla cordata capeggiata dall'imprenditore Francesco Ferrara (anche lui finito in carcere): per l'appalto del Centro Oli, in particolare, sarebbero state addirittura sostituite le buste delle offerte. In cambio, sempre ad avviso della procura, sarebbe stato stipulato nel febbraio scorso un accordo commerciale da 15 milioni: tutte le imprese della cordata Ferrara si sarebbero rifornite per cinque anni solo di carburanti e di oli lubrificanti della Total. I dirigenti della società petrolifera, inoltre, sono accusati, in concorso con un funzionario del Comune di Corleto Perticara, in cui ricadono gran parte dei giacimenti petroliferi, di aver imposto condizioni "capestro" di esproprio ad alcuni titolari dei terreni. Questi avrebbero dovuto accettare una somma di poco superiore a 6 euro al metro quadro, e quindi assolutamente "fuori mercato", per evitare di doversi accontentare di una indennità di esproprio di soli 2 euro e 50 che, sostiene l'accusa, sarebbe stata concordata tra i manager Total e il funzionario comunale. Periodiche 'dazioni' di denaro in contanti, doni ed elargizioni varie, oltre a un non meglio definito "oggetto prezioso": sarebbe stata questa, secondo la procura di Potenza, la contropartita ottenuta dal sindaco di Gorgoglione (Matera), Ignazio Giovanni Tornetta, per la sua attività di intermediazione tra i manager della Total e la cordata di imprenditori interessata agli appalti del petrolio in Basilicata. Tornetta (tra i destinatari della misura cautelare in carcere) è il sindaco di uno dei Comuni in cui ricadono i giacimenti petroliferi lucani: secondo l'accusa, avrebbe ricevuto più volte somme di denaro dall'imprenditore Francesco Ferrara per la sua attività di mediazione illecita; lo stesso Ferrara, inoltre, avrebbe promesso di affidare ad una società di fatto gestita dal sindaco il servizio mensa per gli operai della sua impresa. Destinatario di un provvedimento di arresti domiciliari è invece Domenico Pietrocola, dirigente dell'Ufficio tecnico della Provincia di Matera, che - sostiene l'accusa - si sarebbe fatto dare da Ferrara 200mila euro nell'ambito di un appalto per lavori stradali in Basilicata.

venerdì 12 dicembre 2008

Appello di Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista

Contro gli intenti dichiaratamente golpisti del presidente del Consiglio, sulla riforma della giustizia come sulla volontà di cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza, mi appello a tutte le forze di sinistra e democratiche affinché domani partecipino in massa allo sciopero generale indetto dalla Cgil e dai sindacati di base, facendo riuscire una manifestazione che sarà solo la prima tappa della lotta contro il governo e i suoi provvedimenti economici, e affinché vengano firmati i referendum contro il lodo Alfano (banchetti di Rifondazione comunista saranno presenti domani e nel wee-end in tutte le principali città italiane). E' necessario, cioè, partecipare tutti affinché si costruisca un movimento di massa che, dai lavoratori agli studenti, dai precari ai pensionati, riesca a sconfiggere la manovra economica proposta dalle destre e i tentativi golpisti di Berlusconi. A questo riguardo, trovo davvero singolare che proprio il giorno prima dello sciopero il governo-ombra del Pd proponga di aprire una discussione con il governo sui temi economici e sociali, indebolendo di fatto il movimento e le forze che si oppongono al governo.

lunedì 1 dicembre 2008

Amministrazione Provinciale: tra affarismo e clientela

Dopo il concorso truffa dell’Apea denunciato dal PRC di Matera, dove già su un bando pende una sentenza di sospensione del TAR, l’amministrazione Provinciale bandisce una selezione per esperti esterni dell’Ageforma scandalosa. Il termine dato dall’ente per essere ammessi alla selezione e di soli 7 giorni dalla pubblicazione e con criteri del tutto descrizionali. Non è difficile capire che a questo punto o si è fortunati o si è amici degli amici , per avere l’opportunità di partecipare. Questo modo di agire dell’amministrazione Nigro che sempre più si sta caratterizzando per una politica malata di clientelismo e affarismo, incapace di introdurre pratiche trasparenti dove il diritto si coniughi con il merito e l’opportunità per tutti, ci porta ad opporci in tutte le sedi contro un altro provvedimento truffa. Prendiamo anche atto che tutti gli sforzi per la costruzione di un progetto di alleanze per la prossima amministrativa sono minate da atti gestionali inaccettabili, e che arrivati a questo punto si possono ricomporre solo con una forte discontinuità da quest’esperienza fallimentare sia sull’aspetto etico sia della gestione. Partendo proprio da questa questione il PRC di Matera si attiverà su tutto il territorio provinciale con una campagna dal titolo “ ci fanno pagare la crisi e ci rubano l’opportunità ” per informare i tanti giovani e lavoratori che ancora una volta un governo provinciale che si dice di centrosinistra nega a loro l’opportunità di partecipare a un bando.

Il segretario Prov.le PRC
Ottavio Frammartino

giovedì 27 novembre 2008

Una proposta alternativa per uscire a sinistra dalla crisi

di Roberta Fantozzi - segr. nazionale Area lavoro e welfare

Abbiamo avviato già da domenica la campagna davanti ai luoghi di lavoro, in preparazione dello sciopero generale del 12 dicembre. Un calendario di iniziative organizzate in pochissimi giorni, a cui molte altre si stanno aggiungendo. Volantinaggi, ma anche incontri e assemblee con le lavoratrici e i lavoratori, dibattiti. Davanti alle fabbriche, ai luoghi della produzione industriale, ma anche nei servizi, dai trasporti alle grandi aziende del commercio, al lavoro pubblico. La volontà è quella di un percorso non episodico, che ricostruisca reti di relazioni e presenza organizzata. Un percorso che si intreccia con l'inchiesta, a partire da quella che svilupperemo nei prossimi giorni sui primi effetti della crisi: sul terreno della materialità dei processi ma anche del vissuto e della soggettività di lavoratrici e lavoratori.

Non è un optional lo sviluppo
di questo percorso. Non lo è rispetto all'obiettivo decisivo della riuscita dello sciopero generale, non lo è rispetto al contesto in cui ci muoveremo nei prossimi mesi. La crisi determina uno scenario pesantissimo. Con la cassa integrazione che si moltiplica e con il problema, per chi vi accede, di come riuscire ad arrivare alla fine del mese con il salario decurtato, se già non ci si arrivava prima. Con il problema drammatico dei precari. Quattro milioni di persone prive di ogni garanzia, seicentomila già a rischio per il sommarsi della crisi economica nell'industria con i provvedimenti del governo sul lavoro pubblico. Con il dramma aggiuntivo dei lavoratori migranti, che per una legge razzista e incivile rischiano di perdere con il lavoro, il permesso di soggiorno: espulsi o ricacciati nell'irregolarità, magari dopo anni di lavoro in questo paese.

La ricetta della Lega
per gestire la crisi è tanto semplice quanto barbara: trasformare l'ansia in un salto di qualità nella produzione di capri espiatori, di conflitto orizzontale, di ferocia sociale. La chance di contrastare la regressione possibile sta nella messa in campo di un'iniziativa a tutto tondo: di denuncia, di piattaforma, di conflitto, che ricostruisca nella crisi una connessione, che consenta di individuare nuovamente a sinistra la possibile via d'uscita. Non è un esito scontato, se è vero come è vero che non solo siamo nell'onda lunga di una sconfitta trentennale, ma che la sinistra ha consumato nell'attraversamento recente della fase di governo la propria credibilità. E' un percorso che richiede idee, proposte, modificazioni delle modalità dell'agire politico, come dimostra il successo dei gruppi di acquisto popolare, la pratica di forme di mutualismo che rispondano alla disgregazione ricostruendo anche per questa via la possibilità di riconoscersi come parte di un'agire collettivo.
Saremo dunque nelle prossime settimane davanti ai luoghi di lavoro, con la volontà di avviare un percorso lungo, dentro le contraddizioni esistenti.

Diremo che la crisi non è piovuta dal cielo, ma è la conseguenza di trent'anni di politiche neoliberiste, in cui la deregolamentazione selvaggia della finanza è stata l'altra faccia della medaglia di un mondo di bassi salari, di una gigantesca redistribuzione della ricchezza prodotta a favore di profitti e rendite, in cui il consumo è stato garantito dal crescente indebitamento dei lavoratori, mentre nei paradisi fiscali si concentra un quarto della ricchezza mondiale prodotta ogni anno. Diremo che ci vuole un aumento significativo di salari e pensioni e un salario sociale per rispondere alla crisi con uno strumento generale di garanzia rispetto alle mille frammentazioni delle tipologie di lavoro, alle tante facce della precarietà e che le risorse vanno prese dalla rendita, dall'evasione fiscale e contributiva, dalla tassazione dei movimenti speculativi di capitali.

Diremo che il ritrarsi del pubblico
, privatizzazioni e liberalizzazioni, invece dei benifici annunciati dalla propaganda liberista, non sono stato altro che il modo per promuovere un gigantesco processo di spoliazione, sfruttamento e messa a valore della natura oltre che del lavoro, all'origine di una crisi ambientale, energetica e climatica, che richiede un cambiamento radicale dei modelli di sviluppo. Per sottrarre spazi alla logica di mercato, alla valorizzazione del capitale come meccanismo sovradeterminante dei processi di riproduzione sociale e riconsegnarli alla scelta democratica, alla sovranità collettiva sul proprio futuro.

La elaborazione di una piattaforma
all'altezza della crisi della globalizzazione capitalistica, deve accompagnarsi alla capacità di costruire un senso comune di massa su a chi imputare la responsabilità della situazione presente, opposta all'operazione reazionaria delle destre, generalizzando la consapevolezza espressa dal movimento degli studenti.

La politica del Governo Berlusconi
e di Confindustria, ha fin qui determinato una manovra pesantissima di tagli e ristrutturazione del sistema di welfare, dalla sanità agli enti locali, intrecciata all'attacco ai diritti del lavoro. Un attacco che dalla legge 133 alla controriforma del processo del lavoro, agli annunci sul diritto di sciopero, ha avuto e ha al suo centro la riscrittura del sistema della contrattazione, la volontà di frammentare e impoverire ulteriormente i lavoratori, cancellare l'autonomia del sindacato, riscriverne il ruolo: "complice" delle imprese nella gestione dei rapporti di lavoro e di interi pezzi di uno stato sociale da cui la presenza pubblica si ritrae ulteriormente. Ora a fronte della crisi, la sua ricetta è quella di destinare risorse pubbliche al sistema bancario lasciando invariati assetti proprietari e modalità di funzionamento, puntare sulle grandi opere, destinando pochissimo alle fasce sociali più disagiate.

Lo sciopero generale del 12
indetto dalla Cgil e dai sindacati di base, deve rappresentare per noi e per l'intera sinistra il modo per far vivere nel dibattito pubblico e a livello di massa una proposta radicalmente alternativa a quelle politiche, per costruire una uscita da sinistra alla crisi di un intero modello di sviluppo.

venerdì 14 novembre 2008

Assemblea nazionale della quarta mozione

Con gli studenti e i lavoratori per la svolta a sinistra!

Roma, 6 - 7 dicembre 2008




Sabato 6 dicembre

12.00 Apertura accoglienza
13.30-19.00 Incontro nazionale dell'area
La nostra battaglia per la svolta a sinistra
Introduce Alessandro Giardiello (direzione nazionale Prc)

Domenica 7 dicembre

9.30 - 14.30 Dibattito pubblico
Crisi conflitto e prospettive per la rifondazione
Introduce Claudio Bellotti (segreteria nazionale Prc)

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L'incontro si terrà presso la Federazione romana del Prc
Via Squarcialupo 58 (a 5 minuti dalla Stazione Tiburtina)

Info e prenotazioni: redazione@marxismo.netIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
tel 0266107298 - 3398874632

mercoledì 12 novembre 2008

Hai investito il tuo Tfr? Ecco alcune notizie interessanti

1. In Italia, l'indice Mibtel della borsa di Milano è passato da quota 34.000 a 18.000 (dati del 7 ottobre) (- 47%). Chi ha investito 1000 euro del proprio Tfr nel giugno 2007, si trova ora in media a 530 euro. Se aggiungiamo alcune forme di garanzia a secondo del tipo di investimento effettuato, la cifra può salire all'incredibile livello di 650-700 euro circa (una perdita secca di 300-350 euro). Chi, invece, ha tenuto il Tfr in azienda ha guadagnato 30 euro. Eppure tutti, sindacalisti confederali, economisti, politici, giornalisti, a quei tempi declamavano a gran voce la convenienza di investire il Tfr in borsa!!!
2. Se il Tfr piange, i fondi pensioni non ridono. Il Fondo Pensione Integrativo dei metalmeccanici "Cometa", gestito dai sindacati, per il solo crack della Lehmann Brothers, ha perso più 3,5 milioni di euro. A tali perdite si devono sommare gli effetti derivanti dal calo di oltre il 40%% delle borse mondiali. Anche il fondo pensione dei giornalisti (che conta più di 15mila iscritti) segna profondo rosso (in media - 8%). Notizie del tuo fondo Espero la CGIL te ne ha date? Occorre cominciare a sperare di morire prima di andare in pensione?
3. All'inizio della crisi le borse mondiali hanno perso in media il 40%. Secondo le stime della BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali) il valore dei derivati era nel 2007 di 556 trilioni di dollari (cioè 556 mila miliardi). Oggi il valore è sceso a circa 333 trilioni. Nel giro di poco meno di un anno è stata bruciata una ricchezza pari a 223 trilioni di dollari. Nell'ultimo mese le varie banche centrali del globo hanno iniettato nuova liquidità per circa 5 miliardi di dollari. Una goccia nell'oceano! E' chiara l'entità della crisi?
4. Dal 29 settembre 2008, gli interventi pubblici a sostegno delle borse europee e americane sono ammontate a più di 1,4 miliardi di dollari. I vari paesi Europei (in ordine sparso) stanno creando fondi pubblici nazionali che si aggirano in media sul 3% del Pil. Per l'Italia si tratterebbe di mettere a disposizione una cifra pari a circa 45 miliardi di Euro, l'equivalente della finanziaria triennale che il governo di nani e ballerine vorrebbe approvare in questi giorni. Quando si tratta di (tentare di) salvare i mercati finanziari, i soldi saltano fuori come un coniglio dal cappello. Quando si tratta di prendere misure di welfare, garantire continuità di reddito ai precari, migliorare i servizi pubblici, evitare privatizzazioni,.., improvvisamente i soldi spariscono!!!

tratto da www.precaria.org

martedì 11 novembre 2008

Prc, Titti De Simone è il nuovo segretario regionale. I ferreriani non votano e annunciano ricorso

Che dentro Rifondazione Comunista, lacerata tra anime e mozioni in tutto il Paese, ci sia una spaccatura è chiaro. Solo che nella celebrazione del congresso regionale, ieri a Potenza, diventa anche evidente. Nel senso letterale del termine. Ieri, il Prc lucano ha eletto il suo nuovo segretario: Titti De Simone, capolista dell’Arcobaleno alla Camera alle scorse politiche in Basilicata, succede a Michele Saponaro. Ma non è festa, né compromesso. La minoranza, che in Basilicata fa capo alla mozione dell’attuale segretario nazionale, Paolo Ferrero, con poco meno del 30 per cento, promette ricorso alla commissione nazionale di garanzia. Il comitato politico (la composizione rispecchia le percentuali delle mozioni con quella del governatore pugliese Nichi Vendola a poco più del 60 per cento) è stato eletto senza alcun voto contrario, ma con una successiva eccezione. Angela Lombardi, ex deputato, dirigente nazionale, anima ferreriana, spiega che De Simone è già componente del comitato pugliese. «Un’anomalia». Serve a poco la spiegazione di Patrizia Sentinelli, della direzione nazionale: «la tessera, Titti, ce l’ha nella federazione di Matera. Dal comitato pugliese decadrà automaticamente». Il resto è tempo di frizioni e litigi. Forma e sostanza. Il dibattito politico di poche ore prima, sul bisogno di una Rifondazione più forte - modalità diverse, ma sempre sinistra dal basso - sembra cosa vecchia. Il congresso si chiude che ancora non è tardi, con il comitato politico appena eletto chiamato a votare la candidatura di area Vendola (21 favorevoli, 2 contrari). Buona parte dei ferreriani semplicemente non vota, «perché questo è un commissariamento mascherato. Se una maggioranza non è in grado di esprimere un candidato locale qualcosa non va». Non hanno avanzato candidature, «ma avremmo gradito un percorso condiviso. Così non è stato. Allora è chiaro che ti attacchi anche alla forma». La maggioranza controaccusa di scorrettezza e “spirito divisionista”. Il voto consegna la segreteria alla «compagna Titti». Che già aveva fatto “notizia” per una candidatura “alternativa” nella Basilicata tradizionale e forse un po’ tradizionalista, lei che è stata fondatrice di Arcilesbica, leader del mondo Lgbt (lesbico-gay-bisessuale- queer). La mattina era trascorsa tra gli interventi “esterni”, sindacato e politica. C’era pure il rettore dell’Unibas che - mai negato di essere di sinistra - ne approfitta per tornare su “scuola e movimento”. Contesta chi, tra i presenti, fa mea culpa per i baroni rossi: «Io rosso sì, barone no». Mentre Rifondazione appare piuttosto il risultato di un «paradosso di Zenone». Ovvero, all’approdo si rischia di non arrivare mai. Il segretario del Pd, Piero Lacorazza richiama la frattura democratica con 15 milioni di italiani non rappresentati in parlamento, mentre Giovanni Soave (Pdci) invita alla costituente comunista. Così, Tonino Califano (Sd) ammette che «non è il caso di tirare per la giacchetta un partito che ha bisogno dei suoi tempi e che non coincidono con le scadenze elettorali ». Sarà, ma è questo uno dei “nodi”: simbolo e basta, o sinistra allargata, o mai più con il Pd. Tra chi attende «le case della sinistra» e chi avanza «azioni concrete dal basso per attaccare il liberismo». Tra chi «mi autosospendo mantenendo la tessera fino alla ritrovata unità», come Gennaro Mastro, assessore a Venosa. E chi «mi sento comunista, oltre il simbolo». Se Ottavio Frammartino, segretario nel materano, chiede che si cominci «dai bisogni reali della regione», c’è chi riconosce «un partito arroccato, ciascuno in attesa - dice Mira De Lucia, Giovani comunisti - di un “io l’avevo detto”». Era stato Saponaro a richiamare il “vento” nuovo, «movimento studentesco e del lavoro, l’elezione di Obama. Questo non vuol dire attendersi una soluzione improvvisa». Come a dire, «il viaggio è cominciato, ora l’approdo dipende da noi». Poi gli interventi, lo scontro, le parole. Sempre declinate sulla forza di Rifondazione. Da rinnovare, e sempre dal basso. Temi ricorrenti e spesso rincorsi. Solo che Achille - diceva Zenone - non raggiunge mai la tartaruga partita poco prima. Anche se è più veloce. Ecco la forza (il rischio) di un paradosso.

lunedì 3 novembre 2008

Perchè ci diciamo comunisti - Paolo Ferrero

Da un po' di tempo Liberazione pubblica con grande rilievo articoli che chiedono di abbandonare il nome comunista. Al fondo la tesi riproposta in varie salse è che la parola comunismo è inutilizzabile perché l'esperienza storica concreta ne ha stravolto il significato. Tra chi propone di abbandonare il nome comunista vi è chi si pronuncia a favore del nome sinistra, chi a favore del socialismo, chi non propone nulla. Tutto questo si intreccia con un altro filone di dibattito che propone di andare oltre il Partito della Rifondazione Comunista, per fare un altro partito, per fare un'altra cosa che non sia un partito, etc.
Le argomentazioni portate mi pare ripropongano un po' stancamente quanto già sostenuto da Occhetto e dai suoi sostenitori dopo l'89 ma tant'è, come si sa la prima volta la storia si presenta come tragedia, la seconda come farsa.
Per quanto mi riguarda io la penso così:
Il concetto di comunismo ha una storia che travalica le vicende del secolo breve. Non voglio qui affrontarlo. Mi pare invece utile sottolineare come in Italia il gruppo dirigente comunista alle origini si è formato nella vicenda dell'occupazione delle fabbriche e valorizzando la costruzione dei consigli di fabbrica. Nel corso della guerra ha saputo dar vita ad un movimento di resistenza antifascista unitario e democratico che ha contribuito a liberare l'Italia e a dare al nostro paese un assetto democratico strutturato attorno ad una carta costituzionale assai avanzata. Successivamente i comunisti hanno variamente lottato e con una certa efficacia contro lo sfruttamento e per la giustizia sociale. Un terzo degli elettori italiani è arrivato a dare fiducia ad un partito che si chiamava comunista e che poneva la questione morale come punto non secondario della riforma della politica. Rifondazione comunista nel suo piccolo è stata presente nei vari conflitti che hanno percorso il paese ed è stata in grado di collocarsi positivamente nella grande stagione nel movimento no global.
Il tutto cercando di intrecciare le lotte per i diritti sociali con quelle per i diritti civili, lotte operaie e lotte ambientali, lotte per la redistribuzione del reddito con le lotte contro la mercificazione delle persone, dell'ambiente, delle relazioni sociali. In altri temini la parola comunismo in Italia è legata alle battaglie per la giustizia e la libertà. Dopo l'era craxiana non mi pare si possa dire lo stesso per la parola socialismo.
La parola sinistra ha storicamente un significato positivo nel nostro paese. Ha a mio parere un difetto e cioè che si tratta di una coperta che copre molte cose. Ad esempio all'interno del partito democratico vi sono persone e posizioni che si definiscono di sinistra che sono però anche variamente confindustriali e per nulla anticapitaliste. La parola sinistra cioè da sola non definisce una posizione chiara dal punto di vista della divisione di classe della società né dal punto di vista della volontà di superare il capitalismo; tant'è che negli anni scorsi abbiamo giustamente detto che esistevano due sinistre, quella moderata e quella radicale o alternativa o antagonista.
Da questo punto di vista il definirsi di sinistra e comunisti mi pare rappresenti un modo chiaro per dire da che parte si sta. Siamo di sinistra ma siamo anche comunisti, cioè lottiamo contro lo sfruttamento, quando serve anche contro il Vaticano e ci battiamo per il superamento del capitalismo. Dirsi comunisti è quindi una risorsa per qualificare il nostro essere di sinistra. Porre il tema del comunismo significa porre il nodo della rivoluzione, del cambiamento radicale dello stato di cose presenti. Tant'è che quando taluni esponenti del centrosinistra affermano di non voler mai più fare accordi con liste che contengano la falce e il martello lo dicono non certo per la nostra storia ma perché siamo concretamente, politicamente, qui ed ora, anticapitalisti.
Questo per quanto riguarda l'Italia. I comunisti però, in particolare quando hanno preso il potere, hanno anche fatto grandi disastri. Lo stalinismo ha contraddetto radicalmente le aspirazioni di giustizia e libertà del movimento comunista. Per questo ci siamo chiamati Rifondazione Comunista. Non solo il nome di un partito ma un progetto politico: rifondare il comunismo avendo fatto fino in fondo i conti con lo stalimismo. Riconosciamo che la storia dei comunisti e delle comuniste è la nostra storia, ne abbiamo analizzato gli errori e gli orrori al fine di non ripeterli. Rifondazione e Comunista sono quindi due termini che si qualificano a vicenda, ci parlano della persistenza ma anche della discontinuità, ci parlano della contraddittorietà del nostro tentativo di andare oltre il capitalismo nel nostro essere fino in fondo uomini e donne di questo tempo.
La rifondazione del comunismo è quindi il progetto politico che abbiamo scelto quando Achille Occhetto ha sentenziato che il comunismo era solo un cumulo di macerie. Nulla vieta che altri oggi la pensino come Occhetto ma a me francamente pare che i guai che abbiamo avuto negli anni scorsi non siano derivati dal nostro nome ma piuttosto dai nostri errori politici, in primo luogo la scelta di andare al governo.
Io penso quindi che oggi sia più necessario di ieri dirsi comunisti, di Rifondazione comunista. E' il nome che meglio di qualunque altro definisce qui ed ora il nostro anticapitalismo e la nostra autonomia da un ceto politico che si definisce di sinistra ma con le cui prospettive politiche abbiamo poco a che spartire.
E' evidente che si potrebbe continuare ad argomentare a lungo ma voglio utilizzare lo spazio che mi resta per sollevare un paio di quesiti.
In primo luogo è evidente che la discussione dovrebbe cominciare da qui, cioè dalla rifondazione comunista. Si tratterebbe di aprire una discussione non a negativo ma a positivo. Si tratterebbe di ragionare su come rendere al meglio oggi la prospettiva comunista. Di come la nostra azione non si possa situare solo al livello politico della rappresentanza. Di come si ridefinisca la politica comunista in relazione ai movimenti, alle mille vertenzialità, alle forme di mutualismo. Di come si intreccino oggi i diversi conflitti e come possono interagire in una prospettiva di superamento del capitalismo.
Di come si possa affrontare la crisi capitalistica proponendo il tema del controllo sociale dell'economia ed evitando la guerra tra i poveri. Di come si intrecci la lotta per il salario con quella per il reddito sociale con la lotta contro la mercificazione di ogni ambito sociale, e così via. Il dibattito di cui avremo bisogno non riguarda la ripetizione dell'occhettismo ma l'approfondimento della prospettiva della rifondazione comunista. Purtroppo però Liberazione non si cimenta sul terreno della rifondazione comunista ma su quello del suo superamento.
In secondo luogo è bizzarro che il giornale del Partito della rifondazione comunista metta in prima pagina il dibattito sul superamento del comunismo e a pagina 19 gli articoli in cui alcuni dirigenti del partito avanzano proposte politiche e cercano di far avanzare il progetto di rifondazione comunista.
In altre parole, la vera novità non mi pare il dibattito sul comunismo, ma il fatto che oggi Liberazione , il giornale del Prc, sia il soggetto che con maggiore costanza e determinazione chiede il superamento del Prc e del suo progetto politico. Devo dire che questa novità non mi pare molto utile.

venerdì 31 ottobre 2008

In Valbasento Panasonic arenata sugli incentivi all’esodo

Panasonic non torna indietro. Chiusura confermata. Ma ancora nessun accordo sulle modalità di cessazione dell'attività. La trattativa si è arenata sull'importo dell'incentivo all'esodo: 15 mila euro la cifra proposta dal mangement aziendale, almeno il triplo la richiesta della controparte. I rappresentanti di Filcem Cigl, Femca Cisl e Uilcem Uil, come nel precedente incontro, hanno lasciato il tavolo senza sottoscrivere alcun accordo. Ogni decisione è stata rinviata al prossimo 5 novembre, prima cioè del passaggio in Regione fissato per il giorno successivo. Tesissimo il clima al tavolo e tra i lavoratori che hanno atteso l'esito della trattativa fuori. Sotto la sede della Confindustria di Matera, immediata è esplosa la rabbia dei circa novanta dipendenti della multinazionale giapponese che avrebbero voluto si mettesse già oggi tutto nero su bianco. Slogan contro la proprietà sono stati urlati a squarciagola per ore, impedendo di fatto al management aziendale di lasciare la sede di Confindustria. Eppure il confronto, questa volta, sembrava essere partito con il piede giusto. Ribadito che, purtroppo, non ci sono soluzioni alternative alla chiusura dello stabilimento di Pisticci scalo, dove si producono laminati per circuiti elettronici, l'azienda si è detta disponibile a riconoscere 75 giorni di retribuzione piena e, subito dopo, un periodo di cassa integrazione straordinaria di un anno, a cui, prima che scatti la mobilità, non è escluso se ne possa aggiungere un altro una volta allargato il confronto anche alla Regione. Un passo avanti rispetto a una settimana fa quando il colosso dell'elettronica non aveva lasciato alcuno spiraglio di trattativa, limitandosi ad annunciare il licenziamento immediato di tutto il personale in organico. Poi lo scoglio dell'incentivo all'esodo ha fatto impantanare la trattativa, senza che nemmeno si facesse in tempo ad aprire il capitolo del doppio binario per gli ultra cinquantenni. Sta di fatto che, comunque la si voglia leggere, si tratta di una sconfitta, l'ennesima, per l'area industriale che con l'abbandono di Panasonic perde un altro pezzo importante.


Colgo l’occasione a nome mio, del Partito della Rifondazione Comunista di Miglionico e della Provincia di Matera per esprimere la vicinanza ai lavoratori della Panasonic di Pisticci Scalo, che stanno vivendo momenti difficili. Riteniamo grave la decisione della Panasonic di voler chiudere lo stabilimento di Pisticci Scalo, un impianto attivo da pochi anni dove lavorano una novantina di persone, la maggior parte ragazzi che hanno sulle spalle 30 anni di mutuo. Io ho lavorato tre anni alla Panasonic e conosco tutti quei ragazzi che ora stanno lottando contro la chiusura dell’azienda e spero che riescano a raggiungere gli obbiettivi prefissati. Colgo l’occasione per fare un appello a tutti i politici lucani, soprattutto a quelli che governano questa Regione. È arrivato il momento di dire basta a questa politica industriale dell’elemosina verso le multinazionali che vengono qui solo a “mangiarsi” i contributi. La Panasonic e l’ennesima azienda che chiude i battenti e se ne va. Non dimentichiamoci di Nylstar, CFP e Pregis, solo per nominare le ultime aziende chiuse negli ultimi 3 anni, prima ancora la Carbon Valley, la PNT e tante altre.


Antonio Centonze

operaio Valbasento

Gli 80 anni di Giuseppe Pace militante appassionato e convinto

Compie 80 anni Giuseppe Pace, instancabile militante politico, cui la nostra città, la nostra regione e soprattutto i piccoli Comuni molto debbono. Nato a Miglionico da povera famiglia il 28 ottobre 1928, in tempi difficili, quando iscriversi al Partito Comunista Italiano significava farsi discriminare, se non perseguitare, condusse battaglie politiche e sindacali nel suo piccolo paese, di cui diventava giovanissimo sindaco. Il contatto con la gente e gli impegni amministrativi lo convinsero che un conto è stare in piazza a protestare, un conto è stare sul Comune ad amministrare. Ciò lo indusse ad evitare qualunque forma di estremismo e dogmatismo, pur senza mai dimenticare le istanze che venivano dal basso. Del resto, politica si fa, o almeno si faceva, per dare una risposta alla strada, si vuol dire alla gente comune delle casalinghe, dei disoccupati, dei giovani e dei pensionati, cioè dei più deboli. Collocandosi in questa ottica di saggia moderazione e di sano realismo, nella convinzione che il buon senso vale più del senso comune, Pace toccò il massimo del suo successo personale come militante politico, quando fu eletto segretario della Federazione del Partito Comunista di Matera. In ciò ebbe il sostegno di un maestro di vita e di pensiero, cui fece sempre riferimento: quel Giorgio Amendola - Giorgione - che, negli anni del dopoguerra, organizzò le lotte per la terra in Basilicata e per molti anni fu responsabile regionale del partito. Di Amendola, recentemente, Pace ha voluto la pubblicazione di un illuminante discorso tenuto a Matera nel 1965, e da lui religiosamente conservato fra le sue carte segrete. Nel 1970 Giuseppe Pace diventava consigliere regionale e, quindi, vicepresidente del Consiglio, entrando nel gruppo dei fondatori della Regione, cui fu dato uno dei più illuminati e saggi statuti. Lasciata la militanza attiva nel partito, colpito nella sua sensibilità di convinto socialista (ma anche comunista), ha seguito negli anni, con malinconia, le evoluzioni ed involuzioni del suo Pci, sulla cui democraticità non ebbe mai dubbi. Gli spiacevano le inclinazioni verso quel liberismo che oggi accusa tutti i suoi limiti e danni, inducendo alla conversione anche i teorici più dogmatici di esso. Undici anni fa, impressionato dal silenzio politico che avvolgeva la città di Matera, ma anche la Regione, Pace radunò alcuni amici, di diversa provenienza politica, ma tutti ugualmente preoccupati della democrazia e della giustizia da garantire alla nostre popolazioni. Fondò il Ciacp (Centro di Iniziativa e Analisi Culturale e Politica), di cui fu Presidente e animatore e che, da sinistra, fu voce critica e spesso scomoda. Col Ciacp, Pace, insieme ai suoi collaboratori, condusse battaglie decise per la difesa della Costituzione nei referendum, contro lottizzazione e il clientelismo, in difesa dei piccoli Comuni, contro il federalismo fiscale e gli attentati della Lega, registrando due importanti iniziative editoriali con la pubblicazione del discorso di Amendola del 1965 e con la pubblicazione di gran parte dei discorsi tenuti alla Camera, in quindici anni di impegno instancabile, dall'on. Michele Bianco, anch'egli di Miglionico, cui si deve, fra le numerose e benemerite iniziative, la prima proposta di legge per il risanamento dei Sassi. L'ultimo intervento di Pace, appenadei giorni scorsi, registra la proposta di una legge regionale che disciplini l'estrazione del petrolio in regione. Di Giuseppe Pace, insomma c'è ancora bisogno. E' per questo che oggi, in un momento difficile per la sua salute, gli inviamo i più affettuosi auguri di pronta guarigione edi ripresa della lotta ideale per un mondo, per una Lucania e per una Matera diversa.

Noi del Partito della Rifondazione Comunista circolo "E. Berlinguer" di Miglionico inviamo i nostri più calorosi auguri a Peppino Pace, uomo della sinistra lucana e figura importante per noi comunisti di Miglionico.

mercoledì 29 ottobre 2008

Decreto Gelmini. Ottavio Frammartino (PRC): il Referendum è l'unica strada

“Referendum, è l’unica strada da percorrere per dare speranza a questo paese, che con il provvedimento approvato oggi in senato vuole uccidere la scuola pubblica ed il futuro dei giovani”. Lo sostiene il segretario provinciale del Prc di Matera, Ottavio Frammartino.
“Questa sarebbe anche una risposta democratica di fronte alla arroganza al limite della democraticità dimostrata da questo governo, che decide decreta ordina. Studenti e professori hanno avuto seri motivi per protestare. E non per il voto in condotta o il grembiulino (che possono anche andar bene), ma per i tagli indiscriminati che «colpiscono il cuore pulsante di una nazione», come dice il filosofo Dario Antiseri. Nel mirino c’è una legge approvata di corsa, in piena estate. La dicitura è roboante: "Riforma della scuola"; più prosaicamente "contenimento della spesa", a colpi di decreti, senza dibattito e un progetto pedagogico condiviso da alunni e docenti.
Non si garantisce così il diritto allo studio: prima si decide e poi, travolti dalle proteste, s’abbozza una farsa di dialogo. Il bene della scuola (ma anche del Paese) richiede che questo decreto venga abrogato. L’ostinazione dimostrata in questo caso – dice ancora Frammartino - è quella di una visione autoritaria della gestione del paese. Né si potrà pensare di ricorrere a vie autoritarie o a forze di polizia. Un Paese che guarda al futuro investe nella scuola e nella formazione, razionalizzando la spesa, eliminando sprechi, privilegi e "baronìe", nonché le "allegre e disinvolte gestioni". Adesso la parola deve passare ai cittadini, noi un paio di settimana fa con il gruppo regionale Prc aveva prospettato la possibilità della via referendaria, chiedendo al presidente De Filippo di prendere l’iniziativa con le altre Regioni affinché almeno 5 Regioni così come prevede la legge, votino in consiglio regionale la richiesta referendaria per abolire la Gelmini”.

lunedì 27 ottobre 2008

Lo dice anche l'arcivescovo di Monaco, il comunismo è attuale e necessario

"Marx? E' un errore considerarlo morto". "Il movimento marxista ha cause reali e pone questioni giustificate". "Poggiamo tutti sulle spalle di Marx, perchè aveva ragione". Il comunismo è definitivamente sparito?: "niente affatto, poichè vediamo che Marx sta rivivendo adesso una rinascita, al punto che sono triplicate le vendite del Capitale"!
Chi è che dice queste cose? Sono per caso brani tratti dal documento conclusivo del congresso di Rifondazione vinto dai "comunisti identitari"? Niente affatto. Si tratta di una intervista al "Der Spiegel" dell'Arcivescovo di Monaco di Baviera!
Quanto hanno lo sguardo rivolto all'indietro i dirigenti della sinistra italiana che definiscono il comunismo una parola "indicibile"! La crisi odierna del capitalismo dimostra al contrario quanto restino valide le analisi di Marx e quanto sia necessario rivoluzionare alla radice questa società continuando a lottare per un mondo il cui motore non sia il profitto di pochi, ma le esigenze della collettività e il rispetto dell'ambiente. In una parola il Comunismo!

martedì 21 ottobre 2008

Sabato 25 giornata di mobilitazione contro il carovita promossa da Rifondazione Comunista con presidi e volantinaggi in 100 piazze italiane.

Sabato 25 ottobre il PRC organizza una giornata di mobilitazione contro il carovita con presidi e volantinaggi in 100 piazze. L’obiettivo è evitare che la crisi economica e finanziaria venga fatta pagare ai lavoratori e ai pensionati, così come previsto dai provvedimenti del governo votati anche dall’opposizione parlamentare.
Gli obiettivi della giornata di mobilitazione sono la richiesta di aumentare stipendi e pensioni, di ridurre i mutui sulla prima casa, di mettere sotto controllo i prezzi e di indicizzare salari e pensioni al costo reale della vita.
Riguardo alle polemiche suscitate da questa iniziativa non capisco perché il governo dovrebbe uscire rafforzato dal fatto che i compagni e le compagne di Rifondazione Comunista, il 25 ottobre, invece di starsene a casa come farà Gennaro Migliore, saranno nelle piazze italiane a protestare contro il carovita, distribuendo volantini, raccogliendo firme e – in alcune città – distribuendo il pane ad un euro al chilo.
Il 25 ottobre a Roma ci sarà una manifestazione di popolo organizzata dal Partito Democratico a cui parteciperà l’Italia dei Valori; sarà cioè una manifestazione dell’opposizione parlamentare al governo Berlusconi. Faccio i miei auguri affinché sia una grande manifestazione di popolo. Non dimentico però che questa manifestazione è convocata contro il governo ma nulla dice riguardo al vero ispiratore delle politiche del governo e cioè la Confindustria. Per questo in altre piazza ci sarà Rifondazione Comunista, che ritiene necessario costruire una opposizione contro il governo ma anche contro i padroni e – quando serve – contro le politiche vaticane. Per costruire questa opposizione di sinistra, che non litiga con il governo il sabato per accordarsi con Confindustria il lunedì, saremo presenti tra la gente sabato 25, come lo siamo stati con le grandi manifestazioni nazionali del 10 e del 17 ottobre, organizzate dalla sinistra e dal sindacalismo di base. Di spazi per l’opposizione, purtroppo, in questo Paese ce n’è anche troppi.

Paolo Ferrero