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sabato 14 giugno 2008

La strage di Mineo: basta lacrime di coccodrillo!

Ennesima strage sul lavoro consumatasi a Mineo, cittadina in provincia di Catania, in una giornata tremenda che ha visto altri quattro morti nel resto d’Italia. Due degli operai, dipendenti di una ditta specializzata del Ragusano, probabilmente si sono sentiti male, durante i lavori di manutenzione del depuratore comunale ed allora gli altri quattro sono scesi ad aiutarli. I gas velenosi non hanno lasciato loro scampo. È accertato che tutti e sei non avevano alcuna protezione, nemmeno delle banali mascherine per filtrare l’aria che respiravano. Questa sembra essere la regola nell’isola, almeno ascoltando le dichiarazioni di Pasquale Chimpanaro, della Cgil di Caltagione secondo cui “in Sicilia non esiste una struttura al 100% sicura”. La tragedia ha assunto proporzioni così gravi a causa del gesto di eroismo dei quattro dipendenti del Comune di Mineo, che hanno perso la vita nel vano tentativo salvare quella dei loro compagni. Chiediamo al ministro Brunetta ed ai mass media, impegnati in questi giorni in una campagna di calunnie verso i dipendenti del settore pubblico: anche i lavoratori di Mineo erano dei “fannulloni”? Il comune di Mineo era chiaramente sotto organico. Risulta infatti che uno dei dipendenti comunali periti nell’incidente di ieri fosse proprio un responsabile della sicurezza della struttura, rientrato dalle ferie appositamente per seguire l’operazione di manutenzione dell’impianto di depurazione. Questa è la realtà di tanti luoghi di lavoro, pubblici e privati, dove straordinari e carenza d’organico sono all’ordine del giorno. Eppure Brunetta vuole usare ancora la scure nei confronti del servizio pubblico, tagliando le risorse per l’Ispettorato del lavoro, l’Inail, l’Inps e i Vigili del Fuoco! Oggi tutti piangeranno i morti di Mineo e si sprecheranno le parole sulla necessità di misure di emergenza. Il ministro del Welfare, con delega al lavoro, Sacconi, mentre invoca un “piano straordinario” per la sicurezza, svela tutta la sua ipocrisia andando all’attacco del Testo Unico sulla sicurezza approvato dal governo Prodi qualche mese fa. Il provvedimento del governo Prodi aveva molti limiti, ma è un boccone troppo indigesto per i padroni, che vogliono avere mano libera totale. Spiega il ministro in un’ intervista sul Corriere della sera di oggi: «non esiste l'equazione "tanti adempimenti formali uguale sicurezza". Anzi oltre un certo limite penso che più adempimenti formali possano produrre minor sicurezza sostanziale». Troppi controlli insomma, troppi “lacci e lacciuoli”. Le parole di Sacconi riecheggiano quelle sentite al convegno dello scorso fine settimana dei giovani di Confindustria. La relazione introduttiva lamentava "la fretta con cui il precedente governo ha licenziato il Testo Unico sulla sicurezza dei luoghi di lavoro". "Rendere ancora più complesse e difficili le norme che presidiano la sicurezza sul lavoro impone costi crescenti agli imprenditori che già seguono il dettato della legge mentre non sfiora neppure chi dell'illegalità fa una prassi", continuavano i giovani imprenditori. Non ci servono ancora lacrime di coccodrillo. Sappiamo chi sono i mandanti di questi omicidi sul lavoro: sono coloro che pongono il profitto al di sopra della vita dei lavoratori. E sappiamo chi sono i complici: i governi dell’Unione Europea, che proprio ieri hanno approvato una deroga al limite di 48 ore settimanali di lavoro. Attraverso accordi individuali si potrà lavorare fino a 60 ore settimanali (e in alcuni casi fino a 65). Chi può dimenticare che gli operai morti nel rogo della Thyssen Krupp facevano turni fino a 12 ore senza mai fermarsi? Ma conosciamo anche chi si volta dall’altra parte, facendo finta di non vedere. Sono i vertici sindacali che la prossima settimana si siederanno al tavolo di trattativa con governo e Confindustria per depotenziare il contratto nazionale di lavoro e le garanzie ancora in esso inserite. E che hanno convocato solo due ore di sciopero domani a Catania, invece di fermare tutto il paese per protestare contro la strage di Mineo. Finchè i lavoratori non potranno effettivamente controllare tutti gli aspetti dell’attività lavorativa sui posti di lavoro, finche ai propri rappresentanti non verrà dato un potere reale sulla sicurezza in fabbrica, nei cantieri e negli uffici, la classe operaia di questo paese piangerà altri morti. Vogliamo ricordare i lavoratori morti a Mineo impegnandoci ancor di più nella lotta per una società libera dalla schiavitù del profitto, dove chi lavora non debba rischiare la propria vita ogni giorno per portare il pane a casa.

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