Gentilissimo Ottaviano "Gramsci" Del Turco, mi permetto di disturbarLa semplicemente per chiederLe di intercedere presso la pleteora di politicanti, parlamentari e portaborse che da giorni si recano in pellegrinaggio presso la Sua cella per esprimerLe solidarietà e vicinanza in questo momento difficile della Sua vita, affinchè li esorti a volgere anche solo per un breve istante lo sguardo oltre le sbarre della sua cella.
Comprendo che a muovere siffate persone oltre i cancelli di quelle discariche umane e sociali che oggi sono le carceri in Italia, tra le quali primeggia la prigione di Sulmona, è solo un sentimento di solidarietà di classe e di casta: in questi anni infatti nessuno mai di costoro si è preoccupato delle drammatiche condizioni di vita nelle prigioni oramai ritornate sovraffollate, della violenza di una restrizione della libertà accompagnata dalla negazione dei diritti fondamentali dell'uomo, della violazione sistematica dell.art.27 della Costituzione, della morte di Francesco Vedruccio, Luigi D'Aloisio, Cosimo Tramacere, Luigi Acquaviva, Guido Cecola, Diego Aleci, Francesco Di Piazza, Camillo Valentino, Antonio Miccoli, Nunzio Gallo e degli altri detenuti morti suicidi in questi anni nella prigione di Sulmona.
A lor signori, che invocano pene più severe e carcere per tutti i poveri disgraziati, mentre piangono lacrime di coccodrillo quando a finire dietro le sbarre è qualcuno di essi trovato non certo a taccheggiare in un supermercato ma con in tasca qualche tangente di vari milioni di euro, Lei oggi ha la possibilità di spiegare il valore del garantismo, inteso non come immunità e impunità per i ricchi e i potenti ma tutela delle libertà di tutti, in primo luogo per gli ultimi, i disgraziati, i deboli e i dimenticati della società.
Del resto ho appreso della sua scelta di soprannominarsi Antonio Gramsci: nessuno può negarLe la libertà di autonominarsi come meglio crede, tuttavia mi permetto di rammentarLa che il comunista Antonio Gramsci trascorse 13 anni in prigione non sulla base dell'accusa di essersi intascato mazzette o tangenti, ma per le sue battaglie e i suoi ideali di uguaglianza e giustizia sociale. Proprio in nome di questi valori, sempre più calpestati dalla violenza della tracotante rivoluzione passiva, li inviti per una volta ad oltrepassare i cancelli, a varcare i confini degli inferi, a penetrare in quei buchi neri della democrazia che sono a pochi metri dalla sua cella. Li esorti, dopo aver discusso con Lei, a salire al secondo piano della prigione, dove troveranno un centinaio di persone incarcerate senza aver commesso alcun reato specifico, rinchiuse in una cella semplicemente perchè a sessant'anni dalla caduta del fascismo nessun governo si è mai preoccupato di chiudere queste sezioni speciali inventate dal regime di Mussolini per "soggetti e personalità inclini alla marginalità e la delinquenza", misura di sicurezza preventiva che non esiste in nessun paese democratico, eppure in Italia, nello specifico proprio a Sulmona e in altre 5 prigioni, continuano ad essere internate persone in queste sezioni speciali chiamate da allora eufemisticamente "case-lavoro", null'altro che reparti di detenzione nei quali finiscono solo i digraziati che non hanno una famiglia e un avvocato.
Non conoscono nemmeno quanti anni devono restare, poichè non c'è alcuna pena da scontare ma solo, di proroga in proroga, il rischio di trovarsi affibbiati un ergastolo "bianco". Tra le sbarre troverà un vecchietto di nome Antonio, che negli anni novanta per arrotondare la pensione vendeva le sigarette di contrabbando: fermato e denunciato cinque, sei, sette volte, continuò per anni a venderle, poi scomparse il contrabbando, ma per la burocrazia giudiziaria era ormai una personalità incline a delinquere e quindi rinchiuso di proroga in proroga da ormai quasi 10 anni. 10 anni per una malboro di contrabbando. Poche celle più avanti troverà Luigino, pluripregiudicato per truffa: a differenza di una parte consistente della classe politica e imprenditoriale del mezzogiorno, Luigino non ha mai fatto sparire nelle sue tasche svariati miliardi di finanziamenti europei, ma più semplicemente si presentava in tonaca nei ristoranti per sfamarsi e poi spedire il conto presso ignare parrocchie. Anche lui, dopo svariate denunce, è rinchiuso e internato da anni nella casa-lavoro.
Carissimo Ottaviano Gramsci Del Turco, le confesso che dietro le sbarre nelle quali Lei oggi è recluso, io sono stato un mucchio di volte, non per parlare con qualche detenuto eccellente come fanno le decine di deputati e senatori che si alternano in questi giorni alle porte della prigione di Sulmona, ma per conoscere e denunciare questi buchi neri della democrazia: ricordi a Lor signori che il potere ispettivo nelle carceri per i parlamentari è stato promulgato per questo motivo e non certo come un ulteriore privilegio grazie al quale poter incontrare, chiacchierare e consegnare pizzini a colleghi e amici finiti in prigione. Li inviti quindi a fare il loro dovere, a misurare lo stato di salute della nostra democrazia che, come diceva Tocquiville, "lo si comprende non dal grado di sfarzosità delle aule parlamentari ma dalla vivibilità dei tuguri più bui delle prigioni". Devono fare solo pochi scalini. E chissà se troveranno poi, tra un lodo Alfano e un altro decreto per l'impunità ad personam, tempo e modo in parlamento di legiferare un provvedimento per la chiusura di questi buchi neri della democrazia nostrana, se troveranno tempo e modo di preoccuparsi non solo delle sorti giudiziarie di Silvio e Ottaviano, ma anche dei tanti Antonio e Luigino della nostra società.
cordialmente
Francesco Caruso
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